— 140 — Difficilem extricet quaenam prudentia nodum ? Quae dirimat litem cerebro Jovis orla Minerva? Nulla quidem, a dubio si latum abscesseris unguem. 190 Heu ! nisi jam nimium dubites sapiasque cavendo, Deperies Rhodopen, Virroni credere nummos Cogeris Gracchique loco et Ciceronis habere Elinguem, indoctum : sella sedisse curuli Censebis fullonum atavos : et cetera multa 195 Quotidie occurrent. Ergo tibi formula sorte Haec est proposita : aut in vita labier omni, aut Mecum in pacatis Academi degere sylvis. scrittori latini non ho trovato accenni a questa favola; negl’italiani, si: p. e3. Cecchi, Stiava, IV, 6: E vizio proprio degli amanti voltarsi ad ogni vento e mandar da una bocca e caldo e freddo■ — buccae gote, guance gonfiate (altrimenti, genae). cfr. Juv. Ili, 262, bucca foculum excitat ( buccarum halitu). — Sphinge acnigmata digna, allusione alla nota leggenda dei Labdacidi (Edipo). È certo che il Resti (conoscitore dei greci, Append. in Restii carm. XII-XIII) non scrisse Sphynge, come si legge nell’ediz. di Padova (cfr. gr. —'/'Vi) •' perciò ho mutato senz’altro in Sphinge. Cfr. Resti, Epist. IV, 34, volucrem Thebis cecinisse aenigmata Sphingem. 189. cerebro Jovis orta Minerva, Atena che balza dal cervello di Zeus è ritratta nel fr. 62 di Stesicoro: «bellissima immagine, a cui egli avrebbe forse rinunziato, se avesse potuto prevedere l’abuso che se ne sarebbe fatto (Vitelli-Mazzoni, Lett. greca, Firenze, 1904, p. 221). Quale sapienza superiore (Minerva, come divinità della mens, metonimia) potrebbe appianare la disputa? — 190. a dubio si latum abscesseris unguem, cfr. Plaut. Aul. I, 1, 18, unguem latum excesseris = ti sarai scostato d’ un dito dal dubbio (quanf un’unghia). — 191-196. Heu! nisi jam nimium dubites etc. Ricapitolazione (argumentorum collectio) che dà un’impronta troppo retorica alla chiusa. — depieres: deperire coll’acc. (essere innamorato perdutamente di alcuno), verbo frequente nei comici, cfr. Plauto, M. gl. III, 1, 199 (796), Cure. 46 ecc. — Gracchi loco, al v. 132 aveva detto Crassus: il che, dato il modo come il Resti ridice in succinto i suoi argomenti, con gli stessi nomi o attributi usati prima, può sembrar strano. Gracchi si renda di un Gracco : allude o ad ambedue i Gracchi o soltanto a Caio, oratore più insigne di Tiberio: così anche Orazio (Epist. II, 2, 89) Gracchus ut hic illi foret. — elinguem muto, non eloquente (trasl.) cfr. Tac. dial. d. or. XXXVI, dove elinguis è contrapposto a disertus (eloquente). — sella sedisse curuli: alla sella curulis avevano diritto solo gli alti magistrati (consoli, pretori, edili curuli); i senatori invece occupavano i subsellia (Cic. in Cat. I, 7, 16). Per Io spunto epigrammatico, Catull. L1I, quid est, Catulle? quid moraris emori? sella in curuli struma Nonius sedet — 196-198. Ergo tibi formula, conclusione. Per formula cfr. v. 21; la formula è espressa qui con un dilemma. — labier: terminazione arcaica dell’ infinito di forma passiva (qui deponente) che ricorre più volte (come in Virgilio e Orazio) anche nelle altre satire del Resti nel quinto piede, p. es. IV, 170, inflammarier; VII, 222, explerier; XVI, 149, dicier etc. : labi = sdrucciolare, incappare in errori (in errores labi). — pacatis, le sylvae di Accademo