— ¿34 — già da altri demolito. Che reliquie di alcuni santi venerati a Nona, siano state importate da paesi franchi traverso l’Istria, è possibile, come è anche possibile che il culto di s. Marta e s. Martino sia della stessa origine; osserveremo soltanto che questi due ultimi santi sono venerati particolarmente a Spalato e nei suoi dintorni, cioè non nella Dalmazia settentrionale, e più precisamente all’estremo confine meridionale dell’influsso politico franco in Dalmazia. Diremo ancora, che appunto a Zara, dominata dal s. Donato, i santi che vi si venerano o sono latini, come Donato stesso, o bisantini, come, con la traduzione che ne diamo dei nomi, sarebbero: Anastasia (risurrezione), Grisogono (lignaggio d'oro), Zoilo (vitale), Agape (amore), Chionia (nivale), Irene (pace). E sempre appoggiandosi all’autorità del Jelic, l’autore ci avverte che il s. Martino di Pridraga assomiglia nella pianta a certe chiese della Provenza e dei Grigioni svizzeri. Concediamo al Jelic e al nostro autore, che dall’ Istria siano scesi anche missionari franchi nelle nostre regioni a convertire gli slavi circonvicini al cristianesimo. Ma elevare a dignità di fatto storico positivo circostanze cosi incerte, di così secondario valore; credere ciecamente a uno scrittore, che è uso esprimere profondi convincimenti, quando altri appena arrischia una modesta opinione, ci sembra voler riescire a far trionfare una tesi altrettanto nuova quanto, per ora, povera di sostegni. A un’altra volta riserbiamo la trattazione dei monumenti di epoche posteriori, quali ci appaiono nelle pagine del Vasic. Allora vedremo il nostro autore muoversi in più serena atmosfera e con passo più sicuro. Giuseppe Bersa. dott. Grgo Novak, Hvar (Lesina), Belgrado, Tip. Gregoric, 1924. Fra gli studi finora compiuti e che anche oggi si compiono per svelare alla storia il passato delle città dalmate, non vanno certamente trascurati quelli che riguardano i centri minori della costa e delle isole. Quelle cittadine, attratte nel-l’orbita più vasta della vita comune a tutta la regione, hanno ormai perduto il carattere e l’importanza loro propria in altri tempi, ma conservano tuttavia uno speciale interesse per chi voglia contribuire alla conoscenza e alla ricostruzione delle vicende a cui la Dalmazia andò soggetta nelle varie epoche. Ciò vale in modo particolare per quelle città che, per il frazionamento politico avvenuto in Dalmazia dopo la caduta dell’ impero romano d’occidente, poterono prosperare come liberi municipi e godere comunque di una certa autonomia nel governo di se stesse. La floridezza raggiunta già al tempo della colonizzazione greca e conservata poi in maggior o minor misura sotto Roma e Venezia da alcune cittadine delle isole dalmate meridionali, ha stimolato più volte studiosi nativi di quelle parti a raccontare la storia della propria patria, dando occasione anche a discussioni mediante opuscoli e giornali. Si ha così un complesso di scritti editi e inediti su Curzola, Lissa, Lesina e la Brazza, che, in un modo o nell’altro, lasciano vedere un po’ di luce nel passato di quelle isole e permettono di tracciarne la cronistoria. Senonchè la cronistoria pura e semplice può servire tutt’al più ad accrescere il vanto delle tradizioni locali, ma poco o nulla riesce a dire a chi si proponga di andare più in là dei fasti municipali e voglia studiare gli avvenimenti e i fenomeni storici nella loro sostanza ed entità e stabilirne la natura e la portata. È ovvio infatti che l’interesse per la storia dei centri minori sia giustificato