— 32 - — per accennare solamente ai più caratteristici di questo periodo — fonde una medaglia a Federico di Urbino verso il 1450 e più tardi un’ altra ad Alfonso d’Aragona a Napoli. Biagio Darsa presenta i suoi mappamondi ad Alessandro Piccolomini ed è altamente ammirato. E via così! Sono questi anelli di una catena che non s’interrompe più dal momento eh’è stata fissata. E’ questo il carattere precipuo delle relazioni artistiche fra tutta la Dalmazia e l’Italia in generale ! Tale fenomeno appare quindi anche nella cerchia dei letterati e dei poeti ragusei. Ci sono cioè gli scrittori che a Ragusa traggono tesoro della cultura italiana per dirette o indirette vie e d’altra parte ci sono gli illustri ragusei, insigni professori per lo più, che della scienza loro ravvivano atenei e corti d’Italia. Illustrare a pieno tutta questa bella reciprocità, ancor oggi non è concesso per la mancanza di notizie storiche sull’ epoca qui prestabilita. E ciò vale specialmente per il quadro, il primo quadro della vita letteraria a Ragusa, chè — ad onta delle esaurienti ricerche compiute dall’Jirecek e in parte assaggiate dal Gelcich o da altri — mancano ancora molti dati tanto sulla vita dei singoli letterati, quanto sul periodo complessivo, soprattutto per causa di ripetuti terremoti e incendi che distrussero gran parte degli archivi pubblici e privati. Unione spirituale e reale con l'Italia mantengono anzitutto i fieri umanisti di Ragusa, che all’ Umanesimo italiano appartengono tanto per elezione, quanto per identità del patrimonio poetico, purtroppo, ancora tutt’ altro che studiato e risolto. Elio Lampridio Cerva, tredicenne, si reca a Roma per compiere i suoi studi umanistici ed esaltarsi alla parola di Pomponio Leto. Qui il suo genio trova modo di trionfare sia nella recitazione delle commedie di Terenzio che nell’interpretazione delle commedie di Plauto. Tant'è che a soli 22 anni è coronato sul Quirinale col lauro poetico (1485). Ma Roma, con tutte le sue glorie ed il fascino della donzella Flavia, da iui amata, non conferisce al nostro poeta sofferente di salute, perchè già nel 1490 lo vediamo, dopo ripetute malattie, ritornare in patria per non più staccarsene. A Ragusa egli, pur rifuggendo da vita oziosa e contemplativa, si pasce spesso dei ricordi del suo soggiorno romano e cerca di ravvivarlo nella fantasia con una serie di epistole, in cui spiritualmente mantiene i suoi