— 182 — pag. 69. Per la tipica decorazione a intrecci e a spirali dell’arte carolingia, diffusa nell’800 in tutta l’Europa, l’autore trova una nuova denominazione «pleter, pletenica», e dice che non v’ha dubbio che in essa non sia da vedersi un influsso slavo 1! pag. 70. L’a. fa dipendere la lotta tra gli slavi e Venezia in Adriatico prima del mille, dal fatto che i veneziani esercitavano il commercio degli schiavi. «Come a malfamati mercanti — così si esprime l’a. — gli slavi delle rive orientali dell’Adriatico rendevano loro pan per focaccia depredandone le navi». Rileggiamo ANDREA DANDOLO (c. Ili, p. II): «Erant enim Sciavi adhuc gentiles... et continuo exercebant piraticam artem. Ideo cum Venetis diu in pace permanere nequibant». E MAR1N SANUDO («Vite», ed. Monticolo, pag. 140): «il tributo che prima si dava a Schiavoni pirati overo corsari acciò i nostri potessero navigare per il mare Adriatico fu terminato et fato et dito niun più dar lo dovesse». E GIOVANNI DIACONO (ed. Monticolo, pag. 155): Le città dalmate «Petro Veneticorum duci suis internunciis hoc demandaverunt, quod si ipse venire aut exercitum mittere vellet, qui eos a Sclavorum severitate liberaret, ipsi et illorum civitates perpetua stabilitate suae suorumque successorum potestati subditos manerent». E ci pare che basti, per quanto non ci si possa esimere dal rimandare anche a quanto è detto a pag. 50-51 di questo stesso volume. pag. 72. Asserisce l’a. che dopo il 1050 le città romane della Dalmazia, tranne Zara, passarono sotto il regime e la sovranità dei re croati. Venuto al trono Cressimiro, il loro esempio fu seguito anche da Zara. Si desidererebbe che l’a. indicasse le fonti di tali notizie o almeno le ragioni per cui le ritiene probabili. Poiché di tale pretesa soggezione nulla sanno nè i documenti nè le cronache di allora, dai quali risulta anzi che Cressimiro e i re croati mai nemmeno videro le città romane della Dalmazia. E anziché estrarre dal documento nonese del 1 sett. 1069 le tre sole parole «nostrum dalmaticum mare», bisognava leggere e comprendere tutto il periodo: «donamus tibi, beatissimo Chrisogono, martiri glorioso... nostrani propriam insulam in nostro dalmatico mari sitam, quae vocatur Mauni». Si tratta dunque non di tutto l’Adriatico, ma del solo canale di Pago, dove è sita l’isola di Maoni. Infatti uno studio diligente dei documenti sincroni porta benissimo a stabilire un ampliamento delle giurisdizioni di Cressimiro su Pago e sul suo mare, non inai sulle città romane della Dalmazia, le quali anzi esercitavano su quel re un fascino tutto particolare. ibidem. Non crediamo che per il solo fatto che nel doc. del 25 die. 1066, è riportato il lodo del vescovo di Arbe al conferimento della libertà regia al monastero di santa Maria di Zara, si possa affermare