— 114 — Vos quoque, si sapitis, tam magna exempla sequutos Somnia jam vigilis decet abjecisse Platonis Et quam philosopho potius paliere puella, Atque hoc, quod superest, quidquid superesse dabunt dii, 75 nel volto la soddisfazione del successo. — 72. Vos quoque si sapitis: ecco la morale (se cosi è lecito dire) della satira. Ovid. Artis am. il, 173, Ai vos, si sapitis, vesiri peccata magistri etc. — exempla sequutos, tale terminazione dell’ esametro non è infrequente, p. es. Verg. Georg. IV, 219, atque haec exempla secuti; cfr. Resti, Sat. XXIV, 129, diversa exempla sequuti ; Epist. 1, 57, tu tanta exempla sequutus. — 73. somnia jam vigilis decet abjecisse Platonis, invece che vos iam vigilis ( vigiles ; sugli acc. pi. in is vedi L. Müller in Catull. Tib. Prop. carmina, Lipsia, 1901, p. XIV) decet, bisogna intendere vos decet iam abjecisse somnia vigilis Platonis, non ostante la cesura semiquinaria che potrebbe dissuadere da quest’unione. Ma il richiamo della desinenza identica di vigilis e Platonis, la scarsa probabilità che il Resti dicesse vigiles gli amici così poco sapienti e, sopra tutto, il pensiero abbastanza comune degli antichi che Platone e gli altri filosofi sognassero vegliando (Cic. de nat. deor. I, 8, portento et miracula non disserentium philosophorum, sed somniantium), inducono ad accettare la seconda interpretazione. Cfr. Persio Ili, 83, aegroti veteris meditantes somnia (così dice di Epicuro, per dileggio); Resti, Sat. II, 17, Platonica somnia; XXV, 162, divinus dubitai Plato, et aurea somnia nectens etc. La frase popolare (Plauto, Amph. II, 2,65; Capt. IV, 2,68) vigilans somniat (fantastica), ricorre, con maggior forza, in Lucr. Ili, 1048, et vigilans stertis, nec somnia cernere cessas e V, 1405, et vigilantibus hinc aderant solacia somni. La voce somnia significa però anche nugae (bazzecole, stranezze ecc.). L’allusione è qui solo alle fantasticherie, ai viaggi e alle ricerche filosofiche di Platone (del resto altrove lodato, Sat. V, 31), ma non ai così detti amori platonici, messi in caricatura nella Sat. II. — abjecisse, infinito aoristico, usato non già, come dagli elegiaci e da Virgilio (Aen. VII, 266) per comodità metrica (Sabbadini); bensì perchè il poeta precorre col desiderio la liberazione degli amici da sogni e utopie, e la spera ormai avvenuta. — paliere, oltre al senso materiale, ha quello di studiare, aver bramosia, esser preso da intenso amore. Persio, I, 123-124 (impallidire per lo studio); Hor. Sat. II, 3, 78 (per il danaro); Prop. I, 9, 17, necdum etiam palles, vero nec tangeris igni (d’amore) cfr. Resti, Sat. XVII, 117 e XXV, 55. 11 pallore era considerato segno di innamoramento: Hor. O. Ili, 10, 14 tinctus viola pallor amantium; Ovid. Artis am. 1, 729-730, palleat omnis amans : hic est color aptus amanti; hoc decet: hoc multi non valuisse putent. — 74. puelia (come philosopho), in senso collettivo, cfr. Tibull. I, 3, 87. — 75. hoc, quod superest, si costruisca atque (vos decet) traducere len. com. hoc aevum, quod superest, quidquid ( si quid SOtt. aevi) sup. dab. dii (costr. più semplice e piana) oppure traducere aevum ( vivere, degere) len. com. hoc (acc. di est. aetatis, temporis, cfr. gr. VO /.OIJTÓV, SC. tov %QÓVO 1>) quod superest (analogia sintattica: quidquid dabunt etc.). In ogni caso bisogna sottintendere un genitivo. Cfr. Resti, Sat. VII, 23. Ma nella traduzione si può rendere, comunque si costruisca: e questo tempo che (vi) resta... passare la vita. Tutto il verso deriva da Orazio, Epistel, 18, 108, quod superest aevi, si quid superesse volunt di ; la chiusa dell’ esametro ricorda anche Giovenale, X, 349, quaeque dabunt di. Da questi due esempi e da altri vien fatto di dubitare se il Resti abbia scritto dii (cfr. anche Sat. XIX, 107) o il monosill. finale di. —