- 268 - e nel già citato sonetto a Giulia Bona (/?., p. 131 b) ricorre un’espressione simile: .... direste ben, che quanto Se n’è già scritto in questa lingua, e 'n quella. Ma ove si fosse in dubbio, che sarebbe stolto, sul significato delle espressioni « nostra » e «questa», ecco due versi che non possono lasciar più incertezza alcuna: il sonetto al Darsa (/?., p. 95 a) comincia cosi : Darsa, il cui puro, vago, e dolce canto Nel bel soave tuo sermón natio,... Almeno questo dovrà concedere il K., che il Bobali sapeva pur tanto d’italiano, che se avesse reputata sua lingua la croata, avrebbe detto non tuo, ma nostro v sermón natio ». * * * Inferiore, senza paragone, ai primi due come poeta, Michele Monaldi, il terzo dei rappresentanti della poesia italiana in Dalmazia nel secolo XVI di cui si occupa il professor Korbler, ha dal punto di vista della storia della cultura di questo tempo nelle città dalmate, un' importanza pari, se non addirittura maggiore di quella del Pasquali e del Bobali. Filosofo, teologo, matematico, poeta, e - come afferma Serafino Cerva nelle « Notizie storiche della vita, e scritti di M. Michele Monaldi », premesse alla ristampa delle rime di costui fatta dall'Occhi di Ragusa — distintosi in queste varie discipline «come se avesse portato allo studio di ciascuna un ingegno ed un’applicazione singolare», il Monaldi con la sua multiforme attività di scrittore, che rispecchia il periodo della reazione cattolica, viene magnificamente a rincalzare e riconfermare la giustezza della tesi da noi sostenuta del perfetto parallelismo, anche in questo secolo, tra lo svolgimento della cultura dalmata e quella delle altre regioni d’Italia, senza, direi quasi, neppure i caratteristici ritardi del provincialismo, tanto erano strette, intense, vive le relazioni tra le nostre città costiere e i principali centri culturali della Penisola. Il nostro interesse non è rivolto qui all’autore dei Dialoghi sulla bellezza, dei Dialoghi deir avere e della Metafisica, sebbene sarebbe quanto mai istruttivo poter lumeggiare quel fervore di studi filosofici che s’accese nelle città della Dalmazia, ma specialmente a Ragusa, nel tempo stesso in cui Sperone Speroni, nel patrio Studio di Padova, dissertava sulla filosofia dei due massimi pensatori della Grecia; qui c’interessa il rimatore, il quale se anche non ebbe da natura il divino dono della poesia, tese con nobile sforzo a conseguir anche in questa quell’ eccellenza che i contemporanei gli riconobbero nelle altre discipline, sicché Giacomo Eborense, ossia Flavio Giacomo Pirro, un ebreo portoghese ridottosi dopo lunghe peregrinazioni attraverso tutta l’Europa a Ragusa, poteva tesserne l’elogio brevemente così : Occidit heu! fato raptus properante Monaldus: Non tulit huic uni magna Rhacusa parem. Anche la vita del Monaldi, dedicata tutta agli studi, non presenta casi degni di particolare menzione. Che egli non sia nato intorno al 1550, come pretendono Serafino Cerva e alcune vecchie storie letterarie, ma al più tardi nel 1540, fu già