- 105 - Sed vos jam reduces tempus narrare viai Historiam et coenam sermone extendere multo ; Quae geminis Melites lacubus natura marique I 5 Piscoso, utrum murenae, rhombi, ostrea, mulli Forte ausint Umblae, aut bimari contendere Stagno ; love Dardana pubes gaudet avo. L’allusione scherzosa di Orazio (Sat. Il, 6, 63, faba Pythagorae cognata) e di altri antichi (Juv. XV, 173-174; Plin. Nat. hist. XVIII, 118) alla dottrina di Pitagora, il quale avrebbe proibito di mangiar fave, diventa caricatura in Luciano che si sofferma sulle scorie e inezie della teoria: 11 Sogno, IV sgg. e Dial. dei morti, 20, 3, dove Pitagora dice a Menippo, che aveva delle fave nella bisaccia: óòg fióvov d/j.a nagà vr/.ootq Òóy/.iava' iftaDov ydo, (bq ovòèv laov y.óai.ioi xal xecpaXal T0y.r')0)i> èvftàòe. Aristosseno però (in Gellio, Noct. Att. IV, 11) impugna l’opinione che da Pitagora provenga il divieto delle fave. Anche il mangiar carne, con qualche restrizione, era permesso. — Mezzo secolo prima che il Resti scrivesse questa satira, Antonio Cocchi aveva pubblicato una dissertazione «Sul vitto pitagorico ' (Discorsi toscani, Firenze, Bonducci, 1761, II, disc. XIII). — pecudum sanguine, Ovid. Met. XV, 60 sgg. ; Parini, Mezz., 629-656 ; vedi anche Resti, Sat. XXV, 184-194, con echi di arguzie lucianesche nei particolari e Sat. XVII, 4. — tingi pavit, tingere — véyyeivpavit (da paveo ebbe in orrore, provò ribrezzo); il Resti usa con paveo, come con metuo, l’infinito passivo, costruzione che non è rara nei poeti: Verg. Georg. I, 246; Persio I, 47. Esempi anche in Orazio (Odi li, 2, 7; III, 11, 10; IV, 5, 20). Qui il satirico carica le tinte, per aggiungere comicità alla narrazione. — 13. Sed, il poeta s’interrompe attratto da una nuova idea. Il sed è usato così spesso dai classici : qui cessa la breve digressione e si ripiglia il filo del discorso (cfr. Hor. Sat. II, 1, 39). — tempus (momento opportuno) coll’inf. (cfr. rjòì] ioga òirjy elafi ai), come in Orazio (Epist. II, 2, 215), Catullo, Virgilio, Cicerone, ecc. — viai, gen. arcaico, frequente in Lucrezio, in Cicerone (versioni metriche) e usato a volte da Virgilio (Aen. III, 354, aulaì; VII, 464, aquai; IX, 26, pictai). Il Resti colorisce di quando in quando il suo stile poetico con tali arcaismi, Sat. IV, 191, viai ; XIX, 98; XX, 124, aquai ; XXII, 191, terrai. — 14. extendere (= producere, Hor. Sat. I, 5, 70 = produrre, Parini, Mattino, 67); coenam (cenam): Hor. Epist. I, 5, 11, aestivam sermone benigno tendere (altri Codd. extendere) noctem ; Suet. DÌVUS Titus, 7, 2, quod ad mediam noctem comissationes cum profusissimo quoque familiarium extenderet', Plinio, Epist. IX, 36, variis sermo-nibus vespera extenditur; Plin. Paneg. 49, 5, epularum tempus extendere. — 15. geminis lacubus, il Lago Grande e il Lago Piccolo di Meleda: paesaggi romanticamente suggestivi, pieni di melanconiche armonie, qua e là lieti d’ombre, più spesso aperti e luminosi, vari di vegetazione: chi li ha veduti, non ne dimentica la natura e l’incanto — 16. murenae... mulli, assai pregiati dagli antichi (Orazio). Meleda, meglio che per le murene (pesci di mare), è nota per le anguille del lago invernale di Sovra (Blatina), celebrata nel «Marunko ». La chiusa del verso in Marziale, Epigr. VII, 78, 3, ostrea, mullos. Al v. 15, agile e vivace, come la domanda del poeta, segue un verso lento e placido, fuorché nel quinto piede (soltanto in fine dell’esametro ostrea è bisillabo per sinizesi in Orazio, Sat. II, 2, 21), quasi per ricordare agli amici con le blandizie del ritmo il gusto delle pietanze ricercate. — 17. ausint contendere Umblae, invece di ausint contendere murenis etc. Umblae