— 239 — dalmata, perchè gli elementi che il N. deve adoperare sfuggono da sè ai suoi tentativi. Credendo fermamente nel verbo del Priboevic, egli deve slavizzare anche Gian Francesco Biondi ; ma, non ostante gli sforzi, non riesce a far altro che a giuocherellare con le desinenze del cognome: Biondi, Biondo, Biundovic. Avrebbe fatto cosa molto più utile il N. se, per quel che riguarda l’orazione di cui sopra, l’avesse studiata mettendola in relazione con alcuni scritti latini di Marco Marulo o di Elio Lampridio Cerva, atti a toglierle almeno il carattere dogmatico. Quanto poi ai sentimenti degli antichi lesignani verso Venezia, non è forse abbastanza eloquente la supplica che Ser Gotifredo Marini e Ser Bondimero Antoni, cittadini di Lesina, eletti < coadunato et convocato inaiori et generali consilio, missis cedulis et ad lissam et in casalibus... ecc.», dovevano portare alla Signoria il 26 aprile 1440? Essa dice: «.... alle orechie di questa comunità è venuto, — che lo Magnifico conte Stephano gran voivoda de bosna ha domandato questa Isola alla prefata signoria____ e in caso che pur per i soi peccati volessono questa isola dar in altre mani, su-plichemo che se degnano a loro assignar qual terra li piace o in Istria o in altro logo, dove possano star sotto la sua Signoria, che li voleno lor et i soi figlioli et beni andar a quella clementissima Signoria, lor et soi servidori servir____» (Archivio Ivaneo, Lesina. Boglic, op. cit., pagg. 163-165). Ogni discussione però cessa quando si sono letti gli ultimi capitoli di questa monografia. Quivi il N. ha sentito il dovere patriottico di dir la sua anche sull’occupazione italiana del 1918-1921. Trattandosi di avvenimenti contemporanei, egli cambia modo e stile; e se nelle altre parti del libro la necessità di speculare sulla buona fede del lettore lo ha consigliato di mostrarsi prudente almeno in apparenza, qui lascia il ritegno e si rivela qual è: italofobo e partigiano irriducibile, che pur conoscendo la verità, la altera per partito preso. Meno male che così si può giudicarlo più facilmente nell’insieme! Non mi sarei dilungato tanto nell’esaminare questo lavoro, se non avessi avuto nello stesso tempo un duplice fine: rilevare che, non ostante ciò che si è già scritto, l’isola di Lesina, come le altre sue consorelle meridionali, restano un campo pressoché intatto all’indagine storica; riaffermare la necessità e l’utilità di quesf indagine, proponendo alcuni criteri con cui dovrebbe essere condotta da chi abbia di mira risultati seri e concludenti. dott. Giovanni Soglian. VLADIMIRO ZABUGHIN, Storia del Rinascimento Cristiano in Italia, Milano, 1924. Gj. KÒRBLER, Jakov Bunic dubrovcanin, latinski pjesnik (Giacomo Bona raguseo, poeta latino) in Rad, voi. 180, 1910, Zagabria, Accademia jugoslava. È uscito postumo' alla luce il volume sopraccitato di Vladimiro Zabughin, il noto scrittore di origine russa che amò l’Italia con devozione filiale e allo studio del suo passato letterario ed artistico dedicò opere mirabili per sicurezza di dottrina e novità di vedute. Nell’ opera, significativa pur nel suo titolo, il compianto critico dedica alcune pàgine ai monumenti dell’ architettura e scultura dalmata nel periodo della Rinascenza e ai poemi dell’ umanista raguseo Giacomo Bona. Senza soffermarci per ora su quanto lo Zabughin scrive con profonda conoscenza