— 198 — la «torre delle Bebe» di Venezia e la torre e la contrada «delle Babe» di Zara), abbiano potuto trovarsi fuori della chiusa delle mura? Forse l'a. è stato tratto in errore dall’aver trovato una «Porta in Caturbo». 11 quale «Caturbo» («Catribo-Catrubo-Caturbo»), che esisteva ed era cosi chiamato anche in altre città d’Italia, significa quadrivio, crocicchio. (V. JlRECEK C. Die Romanen in den Städten Dalmatiens, Vienna, Denkschriften d. k. Akad. der Wissensch., vol. 48, pag. 64). È possibile che la città finisse a un crocicchio? Che là esistesse una porta (la quale poteva guardare sul mare) non vuol ancora dire che quella porta fosse aperta nelle mura. pag. 178. Perchè l’a. chiama «sv. Stjepan u Postrani» l’ex convento dei benedettini di Barbato ? Forse per insinuare che trattasi di nome croato ? La denominazione che occorre in tutti i documenti e che, se non erriamo, è anche accettata dallo Schematismo ufficiale della diocesi di Veglia è «sanctus Stephanus in Pasturano». E così, con l’ aiuto di Dio, abbiamo compito 1’ erculea fatica di segnalare, e in parte raddrizzare, gli errori dell’ autore. Non tutti ripetiamo, chè la loro congerie è tanta che un volume assai più grande di quello dell’ a. non ci sarebbe bastato. Se poi avessimo voluto soffermarci anche sugli errori di stampa non ce ne sarebbero bastati tre. Il volume è tipograficamente elegante, ma scorrettissimo : le scorrezioni vi si infiltrano dappertutto e deturpano specialmente i nomi propri e i topo-nonimi, sì che anche per questo rispetto, il lavoro è non solo inutile, ma dannoso. Fu anzi lo scrupolo di non imputare all’ a. errori che forse sono del proto, che in molti casi ci trattenne dal soffermarci su dati grossolanamente sbagliati. Giunti a questo punto, è naturale che ci si chieda come l’a. abbia fatto a mettere insieme un lavoro per il quale non può essere trovata nessuna buona parola. Egli le sue fonti non le cita mai, nè mai si può sapere se ciò che asserisce egli l’abbia tratto da documenti, da cronache o da storie. In appendice al lavoro, elenca il materiale archivistico che esiste in Arbe, al Municipio, al Giudizio distrettuale e presso alcuni istituti religiosi. Che egli però l’abbia adoperato siamo assai restii a credere. Infatti, ove si eccettuino pochissimi documenti per il periodo della dominazione veneziana, non un dato troviamo nella sua storia che già non si trovi anche in altre opere a stampa. Per esempio, certi elenchi di «vescovi, di conti, delle famiglie nobili, di quelle del popolo, ecc. », che sono aggiunti in fine al volume, sono letteralmente trascritti da antiquate e scorrettissime opere a stampa che gli son venute tra mano. L’elenco dei vescovi è da lui riprodotto chissà di dove (forse da MASCHEK L., Manuale del regno di Dalmazia, Zara, 1873, pag. 190-215) senza nem-