- 187 — Venezia avesse introdotto il servizio militare obbligatorio. Si tratta invece, cosa che era sempre in vigore, del «pagamento della limitazion si fa di tempo in tempo per il magnifico conte d'Arbe delli danari da esser dati alli huomeni da remo, che vanno servir Vostra Serenità nelle galie» (Archivio di Stato, Zara. Atti veneziani dei boschi di Arbe, b. 3), che i nobili volevano fosse sopportato dai popolari, mentre questi asserivano che, come « i nobili godono de’ pascoli così debbino contribuire a dette angarie come sono obbligati, aut non volendo renunclno al predetto beneficio del pascolo che nui s’ obligaremo senza danno della camera di V. S. pagar le predette limitazion d’ huomini da remo » (ibidem). Vero è che, essendo stata definita la causa in favore dei nobili, tra i popolari ci fu un fermento, ma non è vero che il Cons. dei X avesse ordinato al conte di introdurre (zavede) la pena della forca e della confisca dei beni, ma semplicemente di minacciarla a quelli che invece di «usar delle loro ragioni... corno è conveniente», suscitavano «tumulti populari e congregation di multitudine di gente » (Liber Rubeus, c. 28 t.). A queste falsificazioni della storia ricorre l’a. pur di trovar qualche argomento per dipingere come tirannico il governo di Venezia. da pag. 110 a pag. 118 si compendia la storia di due secoli senza che il nome di Arbe occorra quasi mai. A pag. 115 si ricorda secco secco che a sopracomito della galera arbesana era a Lepanto il nobile Simeone de Dominis. Errore anche questo, chè quel Dominis aveva nome Zuanne e non Simeone. da pag. 120 a pag. 132 I’a. tenta di tracciare un quadro dello stato del comune di Arbe sotto il dominio veneziano. E comincia subito col dire che, venuta nel 1409 Arbe sotto il dominio di Venezia, l’amministrazione che vi fu introdotta fu «un vero regime del terrore (prava vojnicka strahovlada), nel quale vigevano in tutto severe ed eccezionali misure di occupazione». Alla velenosa e gratuita asserzione contrapponiamo, come sempre, il documento: rileggiamo i primi capitoli della commissione del doge Steno al conte d’Arbe, commissione che — è noto — valse fino alla caduta della Repubblica: «Nos Michael Steno, dei gratia dux Venetiarum etc. Committimus tibi nobili viro... dilecto civi et fideli nostro quod in nomine lhesu Christi vadas et sis comes Arbi per annos duos et tantum plus quantum successor tuus illue venire distullerit, habendo bonam ed dilligentem curam ad honorem nostrum et bonum statum ac conservacionem diete civitatis et insule, quarn regere et gubernare debeas nomine nostri dominii secundum statuta et ordines deinde, dummodo sint secundum deum et iustitiam ac honorem nostrum et communis Venetiarum ac bonum insule predicte. — Veruni, ut fideles nostri deinde cognoscant amplam benignitatem nostram, sumus contenti