— 63 — ricostruire il corso di questo giudizio, che tante proteste suscitò a Zara e a Venezia, e i cui strascichi dieci anni dopo non erano ancora finiti. Il primo a protestare fu il conte veneto di Zara che, sminuito nelle sue prerogative, informò subito della cosa il governo di Venezia. Il Consiglio dei Dieci, 1’I I novembre 1321, scrive in termini piuttosto duri al comune e ai giudici di Zara, rimproverandoli di aver consentito ad essere giudicati dal traditore. Si richiama al patto di otto anni prima, secondo il quale gli zaratini erano tenuti a trattare da amici gli amici, e da nemici i nemici di Venezia; Baiamonte, manifesto nemico e traditore della Repubblica, non doveva da essi essere accettato quale giudice e tanto meno doveva essere onorato. Continuavano i Dieci ammonendo che il patto prescriveva ancora che tutte le questioni dovevano essere esaminate e giudicate dal conte veneto e dai suoi giudici : gli zaratini quindi, affidando la decisione delle loro liti al giudizio di altri, avevano anche in questo riguardo mancato al patto giurato. Terminavano ordinando di revocare l'atto di elezione dei giudici arbitri e di considerare nullo il processo seguito e la sentenza pronunciata ’). Dopo poco, anche Radoslavo presentò a Venezia le sue proteste. E le presentò non come uno dei soliti molesti postulanti, ma come cittadino di Venezia vero e perfetto, che per i suoi meriti verso la Repubblica, aveva diritto alla sua protezione, tanto più che egli doveva essere considerato non come uno sfortunato contendente, ma come una vittima della faziosità di Baiamonte. condo noi, un riflesso. Un documento di Curzola, che va sotto la data del giugno 1300, ma che ha bisogno di molte correzioni, ci aiuta a vedere un poco più addentro nella natura di questo ufficio. Si tratta di certe convenzioni stipulate tra gli ambasciatori di Marino Zorzi, conte di Curzola, e l’eligendo vescovo della erigenda diocesi di Curzola e Stagno. Gli ambasciatori si obbligano di eleggere a vescovo il domenicano fra Giovanni de Crosio, e questi di interporre la sua autorità e quella di alcuni suoi parenti alla corte di Napoli, perchè la diocesi si erigesse. Poi, frate Giovanni si obbliga ancora : Item quod quintumdecimum in decimis accipiam et non plus ; et pro residuo decimarum teneatur mihi dare comunitas predicta vineam unam in Lombarda et « etiam campum unum apud sanctum Vitum. — Item quod non faciam zupanum, sed mei canonici « vel quos habuero de familia colligant meum quintumdecimum >>. Dunque il zupano era ordinariamente persona piuttosto ingrata alle altre autorità laiche ! Interessante constatazione per quello che più tardi esporremo. — Togliamo queste notizie dall’ Istoria di Corzola ecclesiastico-profana del dott. ANTONIO PAULINI, manoscritto autografo della seconda metà del settecento nella Biblioteca del Gabinetto di Lettura di Sebenico. Il documento del giugno 1300 è pubblicato anche in SMICIKLAS T. op. cit., voi. Vili, pag. 580, ma, come abbiamo detto, con molti errori che qui non è il luogo di correggere. LJUBIC S. op. cit., voi. I, pag. 327,