— 220 — questa maniera: Cosi l’Vili secolo, in grazia di questo codice, ci si presenta più luminoso, più civile e più glorioso... e le informazioni che intorno a quest'epoca ci dà l’E. S. sono non meno preziose di quelle che potrebbe darci qualche cronaca piena di guerre, di conquiste, di sconfitte e di vittorie». Facendo all’opera del N. questo ampio riconoscimento, non intendiamo accettarne tutte le conclusioni. La nostra però non sarà, come nel caso della Scriptum beneventana, confutazione o rovesciamento di labili teorie, ma discussione accademica, come conviene sia fatta con chi ha profondamente studiato l’argomento. Non ci soffermeremo sulla storia (cap. I) e sulla descrizione (cap. II) che il N. fa del codice, sulle quali nulla troviamo da aggiungere nè da contradire. In linea generale siamo anche d'accordo con le risultanze della lunga ed accurata analisi paleografica (prima parte del cap. Ili), per quanto nel corso di essa analisi nessuna occasione — a proposito e a sproposito — sia tralasciata dall’a. per prepararci a conclusioni di ordine storico sulle quali facciamo delle riserve. Accurata e ricca di risultati è l’indagine delle particolarità ortografiche e glottologiche della lingua del codice ; non prive di interesse le pagine dedicate allo studio della trascrizione di un brano greco (il principio dell’Evangelo di s. Giovanni) fatta in grafia semionciale (seconda parte del cap. III). Risultato di quest’analisi — col quale in massima siamo d’accordo — è che « il codice fu scritto nella seconda metà del secolo Vili » (pag. 64) in semionciale, a Spalato nello scrittorio della Chiesa cattedrale. Qui finisce l’opera del Novak paleografo e comincia l’opera del Novak avvocato. Avvocato non di una causa sua, ma dei signori Bulic e Bervaldi i quali in un’opera uscita a Zagabria negli anni 1912-13 (Kronotaksa solinskih biskupa uz (lodatale kronotaksa spljetskih nadbiskupa — La cronotassi dei vescovi di Salona e aggiuntavi la cronotassi degli arcivescovi di Spalato) si affannarono a dimostrare che, distrutta Salona (nel 639 secondo gli storici precedenti, nel 615 secondo il Bulic, al quale per la sua tesi anche questi 24 anni tornavano comodi), la chiesa spalatina, erede della salonitana, fu riorganizzata non subito dopo (verso il 640), come le fonti antiche sono concordi nel tramandarci, ma appena nel secolo IX. La tesi Bulic-Bervaldi, intesa non tanto a risolvere oggettivamente un problema storico, quanto a dimostrare il fatto che la latinità sub! a Spalato un interruzione di due secoli, ebbe sulle ultime conclusioni del N. un influsso alquanto deprimente. Costretto a conciliare i risultati della sua indagine paleografica con quelli dei due autori summentovati, egli da ragionatore si trasforma in sofista, da scienziato in avvocato di una tesi altrui. Noi, che non abbiamo motivo di essere asserviti alle teorie buliciane, accenneremo qui soltanto ad alcuni fatti per i quali riteniamo che il lavoro del N. non che accordarsi con le risultanze della Kronotaksa, vi contrasti nettamente. È dimostrato dal lavoro del N. che l’Evangeliario sorse a Spalato nel secolo Vili (cosi anche sul frontespizio dello studio del N.). 11 N. non si stanca di ripetere nella seconda metà del secolo Vili, alla fine del secolo Vili, ma non v’ è barba di paleografo che di un monumento in semionciale non datato presuma di stabilire il decennio. Anzi, molti indizi, quello per esempio dell’aver l’E. S. note marginali in corsiva romana nuova dell’Vili sec. e posteriori al testo in semionciale, ce lo fa portare piuttosto addentro nel sec. Vili. 11 trovarsi assai spesso in fine di riga e anche nel testo qualche lettera o qualche parola in capitale rustica, non vuol ancora dire che il codice appartenga all’ ultimissima fase della semionciale, essendoci sin dal secolo VII esempi di manoscritti dove la rustica compare mescolata