29 non so quant’ altre migliaia di simigliatiti facelle, unite e aggruppate in foggia di palma. Quelle palme, quelle righe splendenti, che a chi mira da lungi a traverso le fratte, intrecciano e confondono insieme i lucidi e variopinti loro cristalli, popolano il luogo d’ un esercito di colorate scintille ; luccica, brilla ogni pianta, ogni foglia, ogni sottil filo d’erba ; si direbbe una miniera agitata di rubini, di zaffiri, di perle che volteggiasser per 1’ aria. L’ occhio vi s’ inoltra ; abbaglia e si perde. Il Caffè, cui mette capo quel doppio viale, 1’ andito, e il cortile d’ ingresso, ardono egualmente di cento e cento fiamme, in mezzo a’ fiori, al bianco ed al rosso delle bandiere, sparse tra’ verdi. Il Caffè ripete e prolunga per non so quanti specchi quella scena stupenda ; è come la serra del vago giardino, tanto è il fiore della bellezza ivi raccolto. Sotto le vòlte frondose o tra le aperte aiuole, al suono delle musiche bande, son messe le tavole : si Cena all’aria, ma non al fresco, e la mensa uopo non ha di doppieri. Si esce da quel nido di fate, e il cielo sereno e stellato, il quieto e terso specchio delle acque, che riflette i lontani fulgori della