53 direi quasi, della melodia ; questa dote, si necessaria all’ affetto, nell’ organo affatto mancava. Senza pari ne’ ripieni, negli accompagnamenti de’ canti corali, a cui dà co’ suoi grandi registri quel suggello di maestà e di grandezza, alle quali s’ispira la religiosa pietà, e per cui pare creato, poco ei parlava al cuore, per quanto perita fosse la mano, e squisito il sentire di chi lo toccava. Questo difetto appunto corresse il de Lorenzi, e rese perfetto il suo strumento. Ei gii tolse la monotonia della voce, e la piegò a tutte le gradazioni e inflessioni de’ piani e de’ forti, come farebbe il più molle strumento d’ arco o da fiato, aggiungendole fino al tremolo, in tanti casi tanto efficace. E ciò senza che 1’ organo nulla perdesse della prima natura, sì che, a grado del sonatore, ei manda gii usati fragori, ne’ soliti modi, o muove la nuova orchestra, così separata, come congiunta ad arbitrio. Qual sia il potere di quest’ organo perfezionato non si potrebbe significare a parole. Io sentii i canti più delicati della Norma, della Lucia, della Sonnambula, della Semiramide, resi con tale soavità d’ espressione, che più non potrebbe 1’ umana voce. Se ne in-