PAKTE TEKZA 161 umani non vollero mai aprir l’orecchio ad istanze così barbare. Ciò però non ostante, volli assicurar sotterra in una cassa di piombo tutte le .più gelose scritture e, ciò fatto col solo aiuto del mio cameriere, di notte, mi armai di costanza, per mantener fra’ tormenti sempre incorrotta ed a Dio ed al mio imperadore la fede. L’ambasciadore d’Olanda, come quello che desiderava di maneggiar a suo talento e senza ostacolo quegli affari, benché facesse sembiante d’amarmi e di tenermi in conto, godea nulla-dimeno di sì fatte mie agitazioni; e ben la corte di Vienna se n’accorse quando, a quel ministro altre persone in mia vece offerte, sentì farsene rifiuto. Giunse in questo mentre, da cesare spedito, il signor Ignazio Gnarienti, con disipacci di rilievo a me diretti e con soccorso di danaio, e con il viglietto di promessa del primo reggimento che fosse vacato. Ne’ dispacci medesimi erano urgentissimi ordini di tentar tutto il possibile per concluder la pace, e mi si confidava il terzo ed ultimo grado per facilitarla: ed era il proporre che avrebbe l’imperadore fatte uscir di Transilvania le sue armi, acciocché all’Abaffi restituita sub utroque imperio fosse restata, esclusone il Tekly per sempre, ed all’imperadore medesimo concesse altre condizioni di terreni nelle parti del regno d’Un-garia. Conosciuto il pregiudizio che portava questo comandamento allo stato presente ed al futuro degli affari di cesare e ch’era ancora contra il decoro del medesimo, non volli assolutamente obbedirlo; altrimenti non altro avrei fatto, che prostituire il credito dell’armi imperiali, dar motivo a’ turchi di rendersi vieppiù superbi ed intrattabili, e perciò nulla per la pace concludere. E se ben questa inobbedienza avrebbe ad ogniun dato grave pensiere, contuttociò niente a me diede d’apprensione, poiché sodamente la somma di quegli affari, e la superbia ed i fini de’ turchi conoscendo, già sapevo di non doverne al tribunale di Dio nè di cesare rispondere. L’ambasciadore d’Olanda, avendo da una parte avuto avviso da Vienna, ch’io più di prima tenevo ordini di facilitare ad 11