PARTE QUARTA 207 tutto tollerabile ed eguale a quanto otteneva per sè sua maestà cesarea. Ma per la Dalmazia, dove nè mediatori, nè cesarei, nè polacchi n’erano informati, cadevano inconvenienti alla repubblica troppo grandi; ed io, che in quelle parti ero informato con l’occasione della schiavitù sostenutali e viaggi fatti e buone notizie che ne avevo, ne protestai mostrando che secondo li turchi la Dalmazia Veneta sarebbe stata in tre bocconi separata, senza che una parte si potesse comunicare con l’altra, e che supplicavo il congresso cesareo e polacco, che si addossavano di ciò, di andare canti, perchè io secondo la mia conscienza li protestavo contro. Nella mappa consegnata dal Ruz-zini mostrai l’inganno, sollecitai la protesta e m’addossai di farne io un giusto progetto per il giorno seguente su la medesima mappa. Li turchi, che conosciutisi scoperti, se la passarono con scuse e termini di burla, e dissero che erano contenti di rimettersi al mio progetto; purché lo avessi potuto mantenere correlativo al piede fondamentale della pace. Appresso dell’amba-sciadore vi era un tale Fondra, fiscale della Dalmazia, e dal senato inviatoli, perchè lo assistesse d’informazioni del paese, e che era mio conoscente, e che due ore avanti giorno feci venire da me, comunicandogli su la mappa le fraudi de’ turchi, le mie obiezioni ed autorità di stabilirne un progetto, che assieme individuassimo e che con linee rosse notai sopra dell’i-stessa mappa, eh’è fra li atti della pace, con una picciola scrittura. Si radunò di buon’ora la solita nostra conferenza col polacco e noi cesarei, dove fu inteso ed approvato quanto provai, e con protestazione che, quando il ministro veneto non avesse assentito a ciò, che si sarebbe proseguito alla stipolazione della pace. Ma per il contrario, se li turchi avessero difficoltato questo progetto, che mai si sarebbe concluso il trattato e parlato altro. Tutto fu comunicato precedentemente alli mediatori, fra tali reciproche risoluzioni delli cesarei e polacchi, che trovarono tutto giusto, esaltando me e massime il milord Pagiet; che sino alla mia andata a Vienna mi fu atroce nemico, come ancora