PAKTE TERZA 155 Li due ufficiali turchi di Gran Varadino, dicendomi ch’erano già ribelli e eh’essendo essi da tutti li medesimi conosciuti, avanzar voleano per darli parte del mio arrivo; ed in effetto spronati li cavalli, da me e dagli altri ch’eran meco di buon passo seguitati, corsero velocemente ad incontrarli. Già vicini, il primo de’ due turchi medesimi domandò se vi era Arrat. «Io sono», rispose uno. Soggiunse il turco: «Lascia, caro fratello, che un bacio ti dia ». — « Volentieri », replicò l’altro; ma nell’istesso tempo che dovea ricevere gli abbracciamenti, li scaricò un colpo di pistola, onde il turco cadde morto di sella. Volendo l’altro ufficiale soccorrere il compagno, restò anche d’archibugiate ucciso. Il mio chiana, non perdutosi d’animo e preso il passaporto del sultano e coraggiosamente sostenendo il fuoco de’ nemici: «Fede, fede!» gridava. Ed io col passaporto del principe Luigi in mano, gridavo ancora : « Se sete tedeschi, son io cesareo ». Ma tutto fu in vano ; perchè, a più colpi di schioppo ammazzatomi sotto il cavallo, mi diedero colla scimitarra un gran colpo sulla testa, un altro sul braccio, e sulla fronte un altro. Ciò vedendo, il rimanente della mia comitiva si diede alla fuga, ed io qual moribondo sul campo, col passaporto a’ piedi del mio sangue tutto macchiato, come ancor oggi si vede, non sapevo se da’ turchi o se da’ cristiani avevo quell’insulto riceuto. Ma nel mentre che stavo in questo dubbio, volle Dio che il capitano, condottiere di quella gente raziana ch’era venuta per vendicarsi della tagliata fattale da’ tartari, mi riconoscesse, onde fattosi a terra in ginocchi, a’ piedi gettommisi e mi chiese perdono. Indi mi legò con una sciarpa le ferite ed a Lippa mi condusse, dove essendo comandante il conte di Gut-tenstein, mi fece da un buon chirurgo così ^diligentemente medicare, che in pochi giorni mi trovai in stato di poter in lettiga continuar il mio .viaggio, essendomi stato restituito il danaio, le scritture ed ogni altra cosa che tolta m’era stata. Nel mentre eh’ a Lippa dimorai, mi mandò insiti da Te-misvar a complimentar il Tekly e fece dirmi che m’avrebbe dato sicuro convoglio insino a Belgrado. Ma io temendo da un uomo tanto iniquo quel tradimento che m’avea già ordito,