PARTE QUARTA 213 sessioni della ghimina, che avanzò il giudizio e venne alla sentenza, condannando il tenente colonnello e suoi aderenti a perdere le cariche ed altre pene. Il tenente colonnello condannato, che due mesi prima era passato dal mio reggimento in tal posto a quello del principe di Longuall, che aveva la figlia del maggiordomo maggiore conte d’Aracco, con questo appoggio e delle donne fece tanto, che si fosse impetrato da sua maestà cesarea la grazia di sospendere la pubblicazione ed esecuzione della sentenza; che dal nuovo presidente di guerra, conte di Mansfeldt, fu consultata a sua maestà cesarea, che di giustizia la pubblicazione era un atto che da me dependeva, e che perciò conveniva di fare a me ricorso. E sua maestà cesarea, premurosa di consolare il suo favorito, ordinò al medesimo nuovo presidente di guerra di farsene mediatore e, comechè ero convalescente della mia grave e stata mortale malattia, mi mandò il conte Brainer commissario generale, il conte Saliburg e signore Till, tutti tre consiglieri di guerra, come deputati dal medesimo tribunale e dalla di lui persona, m’esortassero a volere fare questo piacere a sua maestà cesarea: di desistere dalla pubblicazione della medesima sentenza, con una equivalente soddisfazione alla mia ragione, alla faccia del mondo, mentre sua maestà ambiva in ogni modo di esaudire le raccomandazioni del suo favorito ministro, conte d’Aracco. Soggiunsero gli uffizi dell’ intiero consiglio di guerra e del nuovo presidente. Mi vennero le lacrime agli occhi, dicendo : « È possibile che tanti impegni si faccino per un uomo di veruna nascita, per uno che io dal fango l’avevo levato, e che per più anni è stato istromento a’ miei nemici di farmi male nell’onore e sostanze, e dati gli incomodi, che sua maestà cesarea istessa sa? Ed alla fine da Dio datami la giustizia, non ne posso mo goderne il frutto alla vista del mondo, e lasciare correre un esempio che in avvenire mi lasci in riposo. Li piaceri, li desideri d’un monarca sono gentili comandi, e non meno gli uffizi di uno intiero tribunale, e particolari del signor presidente di guerra; che vuol dire: conviene d’ubbidire a che vogliono.