PAKTE SECONDA 55 venne: infermità così grave, che mi ridusse quasi all'ultimo della mia vita. Attraversassimo la Schiavonia, alloggiando ogni sera in villaggi de’ cristiani, che non mancarono di darci in cibo galline, ovi, frutta, ed a me particolarmente pane. Passassimo il Savo a Babinacreta e lungo il fiume Bosna entrassimo nel regno della Bosnia, pigliando la strada del Se-raglio, sua città capitale, per effettuar ivi la mia liberazione, secondo sotto Vienna me n’ero obbligato. Ma l’infermità mi cresceva, le forze mi mancavano ed il mio padrone non volea permettermi altro rimedio che il mangiar frutta, le quali si trovavano in abbondanza e squisite. Il veder da lontano la suddetta città di Serraglio mi ogget-tava in prospettiva la prossima fortuna, eh’ io speravo, della mia liberazione. Ivi subito giunti, li due fratelli, miei padroni, mi obbligorono a scrivere a Filippo Bernacovitz un viglietto, il quale conteneva: ch’era in quella città capitato schiavo quello istesso al quale nell’anno 1680, nel mese di settembre, aveva egli pagato una polizza di duecento talleri per il bailo Civrani e che, avendo accordato il riscatto per cento zecchini da pagarsi da lui, non dubitavo ch’avrebbe fatta questa carità, con sicurezza del rimborso dal Civrani medesimo o da me. Fu portato il viglietto da Omer al mercante, il quale dopo lettolo disse di non conoscere tale schiavo che li scriveva e che nulla di lui sapea, e «he perciò non averebbe un soldo pagato; ondechè poteva farne quello che li pareva. Ritornato l’Omer a casa, invece di sentir io la bramata nuova della mia libertà, mi vidi minacciato di bastonate e come bugiardo rimproverato. Qui s’accrebbe all’indicevole la miseria del mio stato ; e perchè la mia complessione si era tanto indebolita e li disagi mi avevano reso tanto sparuto, che ero incapace a poter esser da altri comperato, risolsero li miei padroni di strascinarmi, come fecero, alla loro casa, con un viaggio di tre giorni, e propriamente al paese di Ramma: ch’è una valle fra monti alpestri, per cui corre il fiume del suo nome. Erano ivi più case di turchi e di cristiani, disperse in qua ed in là, con un convento de’ padri francescani della stretta osservanza.