50 AUTOBIOGRAFIA DI L. F. MARSIGLI L’esercito perciò poco buon fine generalmente sperava dall’assedio. Stanco nelle fatighe, abbattuto dalle malattie e ferite, diminuito per le morti, e resa inabile la cavalleria dell’Asia per le fredde notti che sopravvenivano, tutto stava in pericolo di minarsi. Aggiugnevasi a ciò che il gran vesiro, quanto più volea col rigore, anzi con la tirannia, mantenersi in credito, altrettanto cadeva di concetto; di cui cadde affatto allor che rifiutò l’esibizioni, che li fecero li giannizzeri, li ufficiali ed i pascià dell’armata, di volersi cimentare ad un assalto generale con tutte le loro forze. Perchè con questo rifiuto avendo penetrato l’esercito ch’egli pretendea di prendere a patti e non a forza la piazza, per appropriarsi tutte le ricchezze che vi erano e per saziare così la sua avarizia, lo prese in tant’odio ed orrore, che lo iacea giornalmente autore di tutti quelli disordini che di continuo succedeano, per non avere permesso l’assalto suddetto. In ultimo il medesimo gran vesir fu obbligato a rinvigorirsi con tutte le truppe ch’avea lasciate a Giavarino sotto il comando di Ibrahim, pascià di Buda, in pena di essersi opposto con suoi consigli all’impresa di Vienna. Ma il tiranno ebbe principalmente l’intenzione d’averlo compagno nella disgrazia, sul dubbio del buon fine dell’assedio. Giunto al campo, Ibrahim pronosticò da sperimentato capitano l’esito infelice dell’esercito, poiché lo vide così mal accampato ed indebolito, senz’ordine e senza disposizione, in un tempo che sentivasi vicina l’unione del re di Polonia all’armata di cesare; benché il gran vesir tenesse ciò occulto, sino a tanto che fu obbligato a palesarlo per i lamenti di tutti che vedeano perire li propri cavalli per difetto di foraggio, mentre l’andar facendone provvisione gli era proibito; come altresì era vietato il raccogliere l’uva, nella quale, compiacendosi molto li turchi, ne patirono poi li medesimi quella gran dissenteria che regnò. Nel terzo giorno prima della rotta fatale, cominciò a spedire verso S. Beld, con alcuni scelti turchi e tartari, Carà Mehemet pascià, sua fedele creatura, ch’era stato quello appunto ch’avea condotti li tartari all’invasione dell’Austria. Nel secondo giorno distaccò maggior numero di milizia verso li monti. Ma tutto era senz’ordine, senza coraggio e speranza d’alcnno buon fine. Nel