FRAMMENTO 235 il servizio, come me ne sollecitava il signor Cardinal Casoni, dalla di lui legazione di Bologna. Alle 20 ore cominciò nella galleria il trattenimento con nostro signore, dopo che si fu data una scorsa dove il premen-tuato Francischini lavorava col suo cognato Quaglini. Per l’m-stituto cominciai, coi disegni alla mano dei comparti de’ capitali eruditi per esso nelle stanze subdivise, ad affezionarlo all’opera, mostrandone l’utile ai sudditi, ai forestieri e la gloria al di lui nome, et a descriverli come avevo minutati gli articoli della mia donazione al senato di Bologna, fra le condizioni proporzionate all’uso utile e durata, ed esercizio. Domandai il be-gnigno assenso d’applicare 25 mila scudi d’un sopravvanzo dell’ultimo monte, come la deroga del fidecommisso del palazzo che si era proposto; e tali domande effettuate che fossero dalla clemenza di nostro signore, la fondazione ed esecuzione era eminente, secondo il convenuto col reggimento di Bologna, che m’obbligò ad impiegare il favore di nostro signore, unitamente agli offizi che faceva il di lui ambasciadore. Conobbi nell’animo del papa la propensione solita alla mia persona, alli studi, che vedeva ben incamminati con questo mezzo; ma dall’altra parte era sospeso, temendo che la città non s’aggravasse nell’economia, in tempi così calamitosi. E per levarli ogni dubbio gli esibii che ricorresse all'informazioni del signor Cardinal Casoni legato, col quale già ero d’accordo per averlo favorevole; che appunto m’accordò, commettendo alla secretaria di stato di scriverne al legato, come all’auditor suo, monsignor Coradini, rimise la relazione per la deroga del fideicommisso sopra del palazzo. Mi contentai di questi sodi passi per allora, per passare nel soggetto di monsignor Erba; che trovai essere nel concetto di nostro signore per un omo di mediocrissima capacità: impressione che, passeggiando per la galleria, cercai di levarli, e poi con gli attestati all’ultimo del signor Cardinal Casoni, ed anche sul soggetto della bontà de’ costumi. Sua santità fra le tante mie esposizioni s’andò mutando, in maniera che li fecero senso grande le rimostranze: che sua beatitudine avesse beneficati li pronepoti di Alessandro VII e Clemente IX, senza che da quelli sacri pontefici avesse mai avuta alcuna grazia, quando monsignor Erba,