210 AUTOBIOGRAFIA DI L. F. MARSIGLI il Barbaro, eh’ era stato capitano generale da mare, e poi il procuratore Nani. Li ministri della conferenza in corte stettero saldi per me, col fondamento che la giustizia non vi era, che mai veruno sarebbe informato come io, che già l’imperadore aveva dichiarato al congresso per tale. Ed in fine gli ostacoli fecero pausa, lasciandomi dare le istruzioni, plenipotenza e partire. E dip-poi il conte Slik e conte Storcmberg, che erano sempre stati nemici, allora divennero amici, tirando il conte d’Ausberg al loro partito, scrivendo a Rabutino in Transilvania, perchè tutti unitamente strepitassero che, come generali de’ confini, che a loro toccava questa incumbenza, per quanto che si estendevano i loro generalati, e che con li bassà avrebbero, e con maggiore esperienza e credito, fatto il servizio dell’imperadore e stati ereditari, meglio d’un forestiero che non aveva nulla da perdere. Questo ripiego di dare la commissione a generali fu invento del conte Kinski, quando vide che non gli era riuscito di poter effettuare d’ottenere tutta l’intiera opera, come era stata a me confidata. Quale amicizia gli professassi, quali obblighi mi avesse, come assistessi perchè fosse ambasciadore ad esclusione del conte Guido, e dopo nominato come lo assistessi di notizie e come me ne pregasse ed umile a me venisse, non è da esprimere; ma morto il ministro e figuratosi di non avere più bisogno di me, si risolse a levarmi tutto che poteva; ed allora conobbi il mal animo della nazione verso della nostra, la malizia, l’ingratitudine così famigliare a quella. Per riuscire a questo tentativo fecero ricorso alla passione del presidente di guerra contro di me, giacché con l’intiera conferenza di ministri deputati a ciò vedevano che non era possibile, persuadendolo a nome del consiglio di guerra di scrivermi ch’era risolto che il generale Ilem, mio nemico, sarebbe venuto meco per assistermi nella esecuzione della pace, durante il distretto del generalato di Osek, e che già il medesimo aveva per questo l’ordine. Prima subodorai ciò, quando avvisai il bassà di Belgrado del mio arrivo alli confini ed il mio collega commissario turco, mentre seppi che si era preparato con son-