144 AUTOBIOGRAFIA DI L. F. MARSIGI.I tre necessarie spedizioni per Costantinopoli e mi assegnò un prudente chiaus, acciocché mi avesse scortato. Poche ore dopo che mi ero alla mia tenda riportato, mi fece di bel nuovo chiamare il gran vesir e sul primo mi domandò perchè noi conducemo tante donne nell’esercito, quando i turchi se n’ astengono. Risposi : perchè altri soggetti aveano essi, ch’ad un tal mestiere supplivano. Sorrise e mostrò egli nausea di questo vizio. Mi soggiunse d’aver sentito dal suo gran cancelliere quanto avevamo insieme conferito e mi confermò la stima che facea della mia condotta. Mi fece poi recare in un ricamato tappeto un intero vestito alla turca, per correre la posta; e consisteva: in due camicie finissime, in due paia di calzoni di sottilissimo panno d’Inghilterra a color di rubino, in una camiciuola di drappo persiano, in una veste lunga e bianca, ricamata di varii fiori, in una sciarpa d’india per cingermi, in una sopravveste di panno d’Inghilterra sopraffino, a color anch’ella di rubino, in una berretta di velluto rosso con zibellini alla tartara, con un assai galante staffile, ed in due paia di stivali. Indi con altri segni di molta stima congedommi, augurandomi un felice viaggio. Intanto che li cavalli si preparavano, andai a visitar il seraskiere di Belgrado, antico amico mio; il quale nel vedermi così mi disse: «Che andate a fare a Costantinopoli? Qui bisogna trattar la pace. Questo vesir come un pazzo guadagnò l’anno passato Belgrado e quest’anno come un pazzo ancora perderà tutti noi e tutto l’imperio. Egli non ha mai voluto credere che le forze tedesche sieno appunto quali voi gliele avete rappresentate, e neanche ha voluto crederlo a me che gliele ho confermate, con quella sicurezza che me ne danno le mie spie. Anzi, nell’ultima conferenza esagerandole, mi disse che non ero più turco ma tedesco, oppure ch’avevo un cuore assai timido; ed io gli risposi che ero musulmano al par d’ogni altro, ma che più d’ogni altro conoscevo li tedeschi, e lo pregai di non credere alle chiacchiere ed agli avvisi degli adulatori ed appassionati » (intendendo del francese e del Tekly). E qui, accesosi di sdegno, mi pregò a scrivere al principe Luigi che seimila cavalli l’altro domani avrebbero passato il Savo per