PARTE TERZA Avute tutte le mie istruzioni per un così grande e geloso affare, e sopratutto per me pericolosissimo, a causa che sotto un finto carattere di segretario dell’ambasciadore britannico dovevo essere tra’ barbari il principale ministro di cesare, fui licenziato apparentemente dal servizio dell’ imperadore con pubblico decreto e munito de’ necessari passaporti, sì della corte di Vienna come degli ambasciatori e del principe Luigi di Baden (come apparisce etc.). Due giorni prima di me partì l’ambasciadore Guglielmo d’Ussié, con la sua moglie assai bella, da Vienna. Ed io intanto presi congedo dall’augustissimo padrone, il quale, non men persuaso della mia fede, che del gran pericolo in cui per suo servigio m’esponevo, con gli atti della sua solita clemenza m’accolse. Presa la posta, raggiunsi l’ambasciadore a Strigonia, dove seco m’imbarcai; e passassimo insieme a Buda, indi a’ limiti de’ turchi, ch’erano allora in Ilok ed in altri luoghi del Sirmio. Avvisati li medesimi del nostro avvicinamento a quelle parti, con tutto il dovuto rispetto mandarono ad incontrarci buon numero di milizia e l’istesso beg o comandante d’Ilok. Essendo questi un ungaro rinegato di Comorra (che si era molto accreditato appresso la Porta, per le varie fortunate imprese fatte a’ danni de’ cristiani), venne a visitar l’ambasciadore nella sua propria barca ed in civilissimi discorsi lo trattenne. E perchè eravamo privi d’interprete, dovetti io, non solo ivi ma in tutto