PAKTE PRIMA 29 giacché la fama di maggior peste ancora verso Buda mi fece risolvere a continuare il viaggio colla compagnia dell’interprete per la strada di Bosnia; dove fra monti mi resi alla sua capitale Seraglio, che al par delle altre era composta di borghi, ma ricca per il traffico. Ivi presi nuovi soccorsi di danaio da un mercante di famiglia Bernacovik, con un rinforzo sempre maggiore di scorte, giacché mi accostavo a’ confini della Dalmazia. Fra strade sterili dovetti per due notti accampar sotto le tende ed alla fine rendermi alla vista della famosa fortezza di Glissa, prima città cristiana della serenissima repubblica; dove fui da quel comandante regalato di rinfreschi, come anche separato dal commerzio d’ogni altro, per ragion di contumacia di peste. Queste guardie, con una cavalcata di poche ore, mi condussero a dirittura nella carcere del lazzaretto, sotto i rigorosi guardiani. E trovandovisi in quel tempo il generale di Dalmazia, cavalier Geronimo Cornaro, pieno di gentilezza e generosità, mandò complimenti cortesi di rinfreschi a some e nel giorno seguente, fra guardie del lazzaretto, mi fece andare alla di lui stanza e sedere su d’un scanno di legno, ed in tanta distanza che uno poteva intendere l’altro; e dopo di aver parlato di negozii, fece ivi far un segno e dentro di quello entrare la di lui moglie e figliuoli, ed altri cavalieri, a discorrere d’allegrie e successi di Turchia. Fu poi d’uopo il restituirsi alla carcere, sino a tanto che, preparata una fusta e con guardiani del medesimo lazzaretto imbarcato, feci vela per Venezia, senza più potere in qualunque luogo delle spiaggie del mare aver commerzio. Arrivato in fine a quella repubblica, fui a dirittura condotto al lazzaretto, dove ben tosto cominciarono le visite degli amici, che consolavano quel penoso soggiorno. Mio padre che, saputa la mia tornata, mosso dall’ affetto, si era partito da Bologna, venne ad incontrar me e la morte. Perchè, dopo essere stato tre o quattro volte a vedermi nel lazzaretto, lo prese una febbre maligna, che in sette giorni lo condusse al cielo; e se gli uffìcii degli amici non mi avessero fatto ottenere dal magistrato della sanità l’abbreviazione del solito termine di