PAKTE PRIMA 5 di quella nazione. In Napoli, governato in quel tempo dal marchese de Los Velez, alloggiassimo io e tutta la compagnia nel convento de’ domenicani; in cui essendo la cella del santo di Aquino, con vera divozione di cuore mi vi resi più volte. Il duca Della Torre della famiglia Filomarino spesso ci condusse ad ammirar le magnificenze de’ palazzi, pitture ed altre cose, sì artefiziali come naturali, di quella città. Il principe d’Ottaiano della casa de Medici ci fece un festino, in cui fè spiccare la sua gentilezza, con divertimenti di musica, sorbetti ed altre acque ambrate e odorose. Il priore Della Valle, tenente generale della cavalleria, non fu meno obbligante; ed il viceré ancora, in ammetterci a più sue udienze, diè saggio della sua naturai cortesia. Le vicinanze di Napoli assai m’intrattennero nell’investigazione delle loro naturali meraviglie: le solfatare di Pozzoli, la Grotta del Cane ed il Vesuvio furon queste. Nel Vesuvio ascesi infino alla sommità e di esso formai un modello che meco alla patria portai. Ammirai nella solfatara il sotterraneo rimbombo che seutivasi ; e, sopravi camminando, da più fessure raccolsi un perfettissimo sale armoniaco. Nella Grotta del Cane feci più sperimenti con gittarvi dentro animali; i quali sopraffatti da quell’alito tramortivano, indi tuffati nell’acqua del lago d’Agnano, ivi vicina, ricuperavano il moto della vita. E così potei riflettere a molte proprietà di quel luogo, secondo in una dissertazione rapportai al fu signor Giminiano Montanaro, lettore delle matematiche in Bologna e mio maestro, di gloriosa memoria; a cui di più mandai tutte quelle notizie che mi diede in voce il famoso Tommaso Cornelio, ch’aveva il primo grido fra’ medici di quel tempo e che, ben istrutto delle cose naturali, m’insegnò il modo di far un alito artefiziale, appieno a quello della Grotta del Cane rispondente come in Bologna sperimentai, ma con patto giurato di non ridirlo ad alcuno. A Roma mi riportai per pochi giorni. Ed avendo ivi presa la compagnia del padre abate Guicciardini, uomo di gran letteratura e perciò stato meritevole di tutti i gradi della sua religione, fui a Firenze, non solo per tributare il mio ossequio al serenissimo granduca, ma anche per vedere la magnificenza della