PARTE SECONDA 47 il più comodo per le mine; col mezzo delle quali speravano la espugnazione della piazza medesima. Il campo del mio pascià era in faccia della porta del Schot-ten. Le mie ferite già cominciavano a saldarsi, e per questo anche a varii impieghi mi destinavano, ora alla stalla ed ora a pulire le tende. Fui dato infine per servidore ad un credenziere che tenea pubblica bottega di caffè, in cui dovevo abbruciarlo, cuocerlo e distribuirlo a’ compratori. Fra molti turchi che solevano venire a bevere ogni mattina, erano due, detto Bastelli l’uno e l’altro Omerspelli, nativi di Bosnia ; che m’aveano preso qualche affetto, perchè con quelle poche parole che avevo imparate mi sentivano parlar della Bosnia, dov’ero stato ritornando da Costantinopoli l’anno 1680. Dovetti per cinque giorni portarmi a lavorare con altri schiavi sul principio del formar le trincee, e servire or da lavo-tore ed ora da facchino, portando legni e gabbioni ed altre simili materie. Così ebbi allora campo di vedere il lor modo nel disporre le trincee, tanto profonde ch’ugualmente ad essi ed a’ nemici sono d’intrigo. Ebbi anche l’occasione d’osservare il poco effetto delle loro batterie. Nelle mie miserie mi consolavo in veder fra di loro notabile confusione e, per mancanza d’ordine, difticultà di potere, in quei laberinti d’ approcci, avanzar gli assalti. In questo mentre si era fatto pubblico editto, di dover decapitare tutti li schiavi ch’eccedeano l’età di 15 o di 16 anni; e perchè ciò mi diede molto da temere, mi obbligò altresì a tentar la fuga, con speranza di poter meco portare alla città notizie utili a tutta la cristianità. Trovato il modo di sferrarmi quelle catene che la notte mi ponevano, dopo d’essermi raccomandato a Dio, fra il sonno de’ turchi che stavano di guardia nella mia tenda, felicemente mi diedi allo scampo. Ma, giunto alla spra-nata della città, invece di trovarmi al porto, mi vidi nuovamente in naufragio; mentre da alcuni turchi, ch’erano ivi sentinelle morte (stando sulla terra bocconi), ripreso e battuto mi convenne confessare di chi ero schiavo. Per il che fui da’ medesimi ricondotto al campo del mio pascià ed indi all’affumicata tenda del caffè; dove fui da due arabi bastonato in quel modo che