PARTE QUARTA 177 dalla finestra : « Do grazia ». E chiamato da me il paziente per interrogarlo a che attribuiva l’impossibilità del carnefice per farlo morire, mi mostrò d’avere al collo della camiscia cuscita un’immagine della Beatissima Vergine, nella quale ebbe sempre la fede di tale aiuto. Anno 1694. Prima di sortire in campagna, mi resi alla corte, ed indi pigliai li miei ordini; non solo per la marcia verso Baja, ma ancora fui istrutto per il trattato di pace con i turchi, che si faceva sperare dal re di Polonia con un congresso in Sas, capitale di Moldavia; giacché quel re, col consenso della lega, aveva spedito un proprio inviato ai tartari, e quelli questo alla Porta. Gli ordini che mi furono dati consistevano di dovermi nel campo tener pronto per rendermi colà per la via di Transilvania e scoprire qual fondamento avesse un tal congresso, nel quale punto se gli dava molta fede dalla nostra corte. Tuttavolta l’inviato d’Inghilterra, sir milord Lexinton, si teneva pronto per seguitarmi, col carattere d’inviato britannico, mediatore. Svanì il congresso e cessò a me l’occasione di slontanarmi dall’armata, dove da Baja presi l’infanteria e formai di questa, sotto il mio comando, un campo a Colut, che per più settimane ivi si trattenne. Giunse il generale Aister, che comandava l’esercito sino all’arrivo del maresciallo Caprara. Quello mi spedì di nuovo al Tibisco, per assistere a rimettere la solita comunicazione della Transilvania ; il qual comando eseguito, mi restituii all’esercito, ch’era accampato nella pianura di Peter Varadino, di forze mediocri. Volle il medemo signore generale Aister avere assicurato la comunicazione ancora con il sito importante di Titl, che restava interrotta per un gran marasso che cinge una eminenza di terra; sopra del quale fu alzato un ponte coperto da più ridotti, mettendo in maggior sicurezza la custodia dell’imboccatura del Danubio e di quelle paludi, per le quali con picciole barchette li turchi portavano partite, che scorrevano per la pianura di Bacha. 12