134 AUTOBIOGRAFIA DI L. F. MARSIGLI il viaggio insino a Costantinopoli, assumermi questa carica, con mio gran fastidio e travaglio, per la mancanzza del necessario fondamento e della dovuta notizia di quel linguaggio. Da Ilok, sempre per acqua e per terra da’ turchi accompagnati, continuassimo a discendere per il Danubio. Giunti a Cerevich, mi convenne di andare a complimentar, in nome del-l’ambasciadore, Catanà Mustafà pascià, comandante di tutto il Sirmio e che stava di presidio allora in un tumultuario fortino eh’ ivi era. Era questi ancor ungaro rinegato e molto famoso per le partite da lui fatte. Corrispose al complimento con lo sbaro del cannone e con la visita che personalmente fece al-l’ambasciadore. Arrivati a Peter Yaradino, mi toccò a far il medesimo con quel turco comandante. Proseguissimo il cammino verso Belgrado; e, poche ore dal medesimo lontani, fossimo incontrati da quattro galee tur-chesche, in una delle quali ritrovandosi un turco, ch’era stato schiavo del duca di Mantova e perciò molto perito nella favella italiana, mi volle seco nel suo legno. Giunti a Belgrado, vedessimo le ripe del Savo e del Danubio ripiene di quel popolo ed ornate di più ufficiali e cavalli per il seguito dell’ambasciadore, che con decente cavalcata fu condotto ad una casa ne’ borghi; dove non essendo noi voluti stare, ci ritirassimo alle camere delle nostre barche. Ivi mi convenne di fare un complimento al chiaia di quel pascià, chiamato Ahmet di nome e di soprannome Kiemances, vesiro e seraskiere. Nel vegnente giorno fu preparato un gran divano, o sia consiglio di tutti li gradi giuridici e militari de’ turchi, nel mezzo de’ quali, appoggiato a’ coscini, che frecce arco e scimitarra sostenevano, stava il seraskiere appoggiato. Ed essendovi stato con le solite cerimonie ammesso l’ambasciadore, dovetti far l’interprete e complimentar il seraskiere medesimo anche in nome del re d’Inghilterra, la di cui amicizia gli esagerai sempre mantenuta ininterrotta alla Porta; e li notificai la disposizione ch’avea di procurare ad ambedue gli imperi una solida pace. Con molta cortesia corrispose a quest’atto il pascià e pregò l’am