48 AUTOBIOGRAFIA DI L. F. MARSIGLI può ogniuno immaginarsi. E poche ore dopo intesi la sentenza della mia morte, da eseguirsi nel giorno seguente, che, giusta il mio conto, poteva essere il secondo d’agosto, consecrato alla festività della Porziuncula. Soffrii l’intimazione di quest’orribile colpo con quella costanza che conveniva alla vita miserabile che vivevo, la quale altro non era ek’una morte continua. Mi travagliava solamente l’animo il pensare che dovevo morire senza speranza eh’ avesse potuto mai saperne la mia casa o il come o il quando. Tutto ciò non ostante, feci puntualmente tutto il giorno gli esercizi di mia obbligazione nella bottega del caffè; e, fisso colla mente al debito di cattolico, non lasciai tutti quegli atti di spirito ch’apperteneano alla mia coscienza ed all’anima mia, con quel pentimento de’ miei peccati e con quel desiderio de’ sacramenti, di cui mi volle Dio graziare. Nella notte seguente, caricato più di mai di catene, vigilai aspettando il fine della mia vita; e fattosi giorno, capitarono secondo il solito li due bosnesi turchi a bevere il caffè. Questi, come era di lor costume volendo meco burlare, mi trovarono tutto pensieroso e turbato ; e ricercandomene la causa, li mostrai il carro col carnefice, che avanti la tenda presentavasi per ricevermi con altri miseri schiavi, che sopra di esso trasportavansi vicino al lazzaretto, sulla sponda del Danubio : campo della decollazione di tanti poveri innocenti. Tralasciando, ciò inteso, i suddetti turchi di bevere il caffè, si portarono immediatamente al chiaia del pascià e lo supplicarono della mia vita, offrendosi di comprarmi, come fecero, per il prezzo di 24 talleri, che senza indugio sborsarono, levandomi davanti l’orribile aspetto del carro e del carnefice. Mi condussero poi alla loro tenda, in cui trovai di più il fratello dell’Omerspei, di nome Gerillo, il quale, da quel punto in-sino all’altro della mia libertà, ebbe sempre rigorosa cura di ine. Tutti assieme costoro mi obbligarono due giorni dopo a prometterli il certo riscatto di cento zecchini, con la sicurezza che Filippo Bernacovitz, mercante dimorante in Bosna Serai, gli avrebbe pagati; mentre, in tempo ch’avevo a’ medesimi venduto il caffè, più volte gli avevo detto di conoscere questo mer-