PARTE QUARTA 201 tale mediazione, e notificarli il bisogno di nominare plenipotenziari. Intanto dovevansi dalla corte cesarea preparare le istruzioni nelle conferenze intime, alle quali oltre il conte Kinski, come presidente e vicecancelliere dell’imperio, il conte Kauniz, e cancelliere di corte conte Buccelini, doveva esserli il presidente di guerra conte di Storemberg; che si dichiarò non voleva comparirli, quando avessi io in quelle seduto. L’imperadore trovò strana questa passione, e tanto più che tutti gli altri nominati ministri gli dissero che senza di me loro non sapevano nè dove cominciare, nè finire in una così vasta macchina, tanto per il riguardo primario di sua maestà cesarea che degli al leati, s’io non gl’intervenivo. Furono tanti impiegati per farlo da ciò desistere, ma non vi fu possibile; in forma tale, che fu risolto che io pure gli fossi e che il presidente di guerra era in libertà d'andare, non andare e di mandare, come fece, un segretario referendario del consiglio di guerra, che pure con gli altri dell’altre istanze scriveva ogni atto. In queste conferenze, che furono sei o sette, con ammirazione della corte a causa del presidente di guerra, intervenni, e secondo le mappe mie e linee e notizie e progetti, che eon fra li miei atti esistenti a Bologna, si formarono le istruzioni per l’ambasciata; alla quale molti aspiravano, tanto della sfera del ministero, che militare. Tutti temevano che io, per necessità del servizio cesareo, per il favore del primo ministro, non dovessi essere un ambasciadore. L’emulazione universale al forestiero e la particolare passione della casa Storemberg e suoi aderenti fecero lega, protestando che questo sarebbe stato un gran smacco a tutti li sudditi di sua maestà cesarea; e che rumore fosse non è da credere, quando nemmeno io l’avevo nè dimandato, nè che dal medesimo conte Kinski era stato proposto. Tanto strepito è sino arrivato a movere il segretario del milord Pagiet, che era da Costantinopoli venuto, che dicesse, come fece, che li turchi non avrebbero meco trattato volontieri. Il conte Kinski, con quella autorità, gravità e giustizia sua naturale, disse all’imperadore: «Nella corte vi è un rumore contro il Marsigli, reo solo di troppa esperienza, e che non