204 AUTOBIOGRAFIA DI L. F. MARSIGLI M’allestii con nobile bagaglio, come fui anche assistito di denaro dalla corte; presi l’avanti al luogo del rendevus, ch’era il borgo di Fotok, poco più sopra di Peter Varadino. Ivi si comunicò più particolarmente a pensare del luogo del congresso, perchè alla corte, come si vedrà nelle mie memorie, si esitava, o di Krosedol monasterio greco, o Carloviz, luogo deserto. In-stetti sempre per Karloviz, a riguardo del comodo del Danubio; giacché l’altro gli era lontano, e che, nè più nè meno, bisognava fabbricare tutti gli comodi. Li mediatori assentirono a ciò, ed io scelsi un campo sopra di una collina, che divisi in quattro parti, assegnandosene una ad ogni potenza collegata. Da questi posti ne vennero dispute fra polacco e moscovito; e questo, temendo che non gli cambiassi il luogo, mi mandò un presente di 100 zebelini, che subito sul campo li rimandai. Questa disposizione del campo e dispute e temperamenti trovati si vedranno negli atti e lettere mie, credo, al conte Kinski. Il congresso ebbe principio secondo lo stile fra complimenti e poi si passò al negozio, nel quale li turchi subito uscirono dalli preliminari, ed a ciò li acconsentirono li cesarei, con lamenti del veneto e stridori della corte. Ed avanzandosi sempre più il trattato sino vicino al fine, e con rumori della corte di più in più, ed in tanto li polacchi avanzavano, e confusi gli ambasciadori risolsero di mandarmi in posta a Vienna. Dove giunto mi resi all'imperadore, che guardava il letto con flussione, e seco per due ore dovetti fare il dettaglio del di lui negoziato e di tutti gli altri alleati, mostrando gl’intoppi d'ognuno, e massime de’ veneziani, ch’era il maggiore, ed anche le maniere di superarli. Mi lodò, mi ringraziò e disse che su le mie rimostranze era risolto di conchiudere la pace, nel modo che fu poi stabilita, e che subito avrebbe volsuto ch’avessi persuaso il conte Kinski, ch’era anche renitente, a parlare con l’ambascia dore di Venezia, per trovarne qualche espediente per i loro affari. Col conte Kinski in gabinetto chiuso ebbi che fare per quietarlo contro gli ambasciadori, ch’erano stati inosservanti con danno di sua maestà cesarea e della repubblica di Venezia, che tanto se ne doleva, e con di lui discredito, come che non