PARTE SECONDA 119 a noi vantaggioso, quanto eglino estremamente pativano di que’ viveri, la di cui mancanza gli avea ridotti alla resa. Formai dunque le capitulazioni che, a sua altezza inviate, sascritte restarono; e mentre così ratificate a me rimandolle, avvisommi che il Cardinal Ottoboni col nome d’Alessandro Vili era stato al soglio pontificio innalzato. Terminate queste capitulazioni, non vollero farmi uscir di castello i turchi di Vidino e mi ritennero per ostaggio, anzi pretesero che nell’uscir di quel forte dovess’io esser l’ultimo; il che da sua altezza essendoli accordato, mandommi la medesima ogni comodità per quella notte, dal campo. La mattina seguente, uscendo con la dovuta fede la guarnigione, il comandante, che portava le chiavi, fu alla mia sinistra meco l’ultimo a sortire ed al principe di Baden regalò alcune turche baga-telle. Indi con la sua gente verso Nicopoli imbarcossi ; ed in Vidino si posero le nostre munizioni e milizie, ed intorno al medesimo alcune fortificazioni s'ordinarono. Vittorioso il nostro esercito, si portò lungo il Danubio con alcune marcie a Fetislan, per rifarsi de’ viveri; ed essendovisi accampato, volle sua altezza ristampare quel luogo, pochi mesi prima dalli ribelli oltraggiato, con commettermi quelle fortificazioni che vi feci, nel mentre che s’aspettava il bramato arrivo delle barche de’ ponti. In questo intervallo di tempo, con l’aiuto di più cento uomini, m’applicai ad osservare tutte le antichità romane, in quelle vicinanze esistenti, ed in particolare le vestigia del ponte di Traiano, come tutto apparirà nel mio Trattato del Danubio. Nel luogo fn cui era stato il ponte suddetto, assai famoso, pretendeasi di fabbricarne un altro sul Danubio, anzi in più comodo sito per le marcie; ed io, che avevo la cura di questa opera, ne sentivo particolar passione, per rispetto d’un’anti-chità rinomata. Ma essendo stata contraria la troppa esposizione de’ venti, fui obbligato a cercarne la struttura due ore più sopra, fra le Isole Grandi; ed ivi ancora patissi una gran difficoltà per l’alveo pietroso del fiume, vicino alle cataratte della Porta Ferrea, dove, non potendo le àncore aggrapparsi, feci tessere più gabbioni di vimini, acciocché, di sassi ripieni,