PAKTE QUARTA 193 rono quelli. Il marescial Aister quivi restò ferito con una gamba rotta da moschettata; che condotto via per quelle ardenti campagnie, senza buone precauzioni, sino a Seghedino, la cancrena l’assalì. Ed io colà dal mio posto chiamato per affari d’aprire un nuovo passaggio a Begg, per comodo delle truppe di Brandeburgo che arrivavano, trovai il generale Aister in quel stato miserabile; che si sollevò a vedermi e si risolse alle mie rimostranze di permettere il taglio della medesima gamba, secondo l’unanime consiglio delli chirurghi, che con questa operazione tentavano quanto vi era di probabile. Ma, nè più nè meno, dopo due giorni da che fu il taglio, rese a Dio l’anima. Li brandeburghesi, che si allestivano per il passaggio a Begg, portavano un valido soccorso all’armata, come io pure col mio corpo di Vagliova, che feci passare con barche. Giacché quel ponte fu condotto a Begg e fornito di più pezzi di cannoni di campagna. Uscito da’ marassi o paludi per quella vasta pianura, mi posi in un bon ordine di battaglia contro la baldanza di cavalleria sciolta turca e tartara, che mi andava caricando, senza potermi punto impedire l’unione, che si temeva, dell’armata grande. Ma con la cognizione che avevo del paese e siti fra paludi me ne facilitò il successo, che sarebbe stato più strepitoso alla vista del mondo, se la poca affezione a me del marescial Caprara non me lo avesse offuscato. Queste marcie e rimarcie del Tibisco, e dal Marusio a Ti-misvar, e per tutto il paese spettante a quella piazza, diede occasione a tutto l’esercito di confessare che Marsigli aveva nella precedente campagna da consigliare l’adempimento di quella marcia, che avrebbe salvata Lippa, il Veterani, Carem-sebes, e causata una vittoria. L’elettore di Sassonia si mordeva le deta, vedendo che non si volle seguitare il mio progetto e servirsi delle disposizioni fatte per esso da me. E giunto a Vienna disse all’imperadore: « Se nella campagna passata si fosse creduto e fatto quanto il conte Marsigli voleva, gli affari di vostra maestà sarebbero, come la mia gloria, in miglior stato; nè il povero cavaliero avrebbe patite tante persecuzioni ». Tutta questa notizia se mi rendeva dal pubblico militare; ma l’imperadore sentiva, lasciava 13