46 AUTOBIOGRAFIA DI L. F. MARSIGLI Il pascià mi chiamò a sè e mi domandò chi ero. Dissi : servidore d’un mercante di Venezia, che, sulla strada per andare a Sopronio, da’ tartari ero stato preso. Li dissi d’essere stato a Costantinopoli, servidore del bailo Civrani, e che avrei cercato quel riscatto che fosse stato possibile alla mia miserabile condizione. Mi domandò se sapevo dove fusse l’armata tedesca. Risposi che, prima di essere fatto schiavo, per strada avevo inteso che fusse a Giavarino. Volle anche sapere da me se credevo che i tedeschi si sarebbero difesi in Vienna. Li risposi che la di lui prudenza potea meglio giudicarlo, come più di me informato dello stato militare di quella piazza. Mi domandò s’ero mai stato a Vienna. Dissi di sì, con mercanzie. Mi ricercò s’era vero che il fosso si ritrovasse così profondo ; e glielo confermai. Scuotendo egli la testa, passò ad altro discorso e mi domandò se pensavo a fuggire; io gli dissi di no, per la speranza che m’avrebbe aiutato a liberarmi. Mi donò due ungari d’oro e mi rimandò appresso i suoi servidori. Il giorno seguente sopra due ponti sulli fiumi Itab e Rabniz si pose l’armata del sultano, guidata dall’orgoglio di Carà Mu-stafà, primo vesiro, in piena marcia verso Vienna, contra il parere del suddetto pascià, mio padrone, e dell’altro tanto accreditato Ibrahim di Buda; che voleano o l’assedio di Giavarino o quello di Leopoldstat, con la desolazione della Moravia per le scorrerie de’ tartari, la totale sommessione dell’Ungaria inferiore per opera de’ ribelli, e susseguentemente nell’inverno prossimo formare la bloccata di Gomorra. In quelle pianure di Ungaris Oltenburg l’ampiezza dell’esercito ottomano, la quantità del cannone e del bagaglio facea un’apparenza che minacciava l’espugnazione di tutta la cristianità, non che di Vienna. Li campi in figura rotonda, con sì sontuose tende, parevano tante mobili città. Nell’ ultimo campo, prima di giugnere sotto Vienna si fecero gli apparati d’ornamenti, di lancie, di bandiere e d’aste e musiche militari; immaginando di causare a’ difensori uno spavento all'apparenza maggiore di quel che potea dar l’essere del loro esercito. Investirono la piazza e nel medesimo tempo l’assediarono, scegliendosi l’attacco in sito che non era il più debole, ma bensì