PARTE TERZA 153 (luto ch’erano tedeschi e che tutto il bestiame della piazza li portavau via, ini permise il passar a loro, accompagnato da cinque prudenti turchi, che mi scortarono insino alla sommità delle vigne. Dove, ad alta voce ed in lingua alemanna, feci tre chiamate ; all’ultima delle quali, distaccati dieci tedeschi e dieci (ussari, mi ‘portarono a quel piccolo campo di vanguardia, dove dissi che dovevo entrare nelli stati di cesare. E nel mentre che si riconosceano li miei passaporti, furono sospese le ostilità. Indi fui condotto appresso il colonnello conte Slik, ch'allora comandava la detta vanguardia; ed egli, a gran passi e ricco di bottino, mi portò seco al suo campo e trattommi con cibi molto dilicati. Reso poi certo che il principe Luigi fosse ancora tre mar-cie più indietro, volli andare ad incontrarlo con Ja posta e giunsi di notte ad una palude dov’era il suo campo. Subito ch’egli mi sentì parlare intorno al suo padiglione, disse : « Non è questa la voce del conte Marsigli? » — « Serenissimo, sì » tosto risposi. — « Entrate, egli soggiunse, perchè sono molto curioso di sentirvi, in un tempo che l’imperadore già vi crede fatto in pezzi da’ turchi, in vendetta della rotta di Slankamen ». Io replicai: «Gli allori, che vostra altezza in Slankamen si ha piantati, non producono frutta così amare ». Li narrai dopo in soccinto tutto il passato, e non solamente le proposizioni di pace, ma anche quant’era occorso. Egli ripieno d’allegrezza, in una tenda alla sua vicina, un breve riposo mi permesse. La mattina poi che sopravvenne, volle tener meco e col presidente Canone (destinato assistente a questi trattati) una conferenza; e poco dopo chiamò l’inviato di Polonia, e per la Polonia e per Vienna fece preparar li corrieri, in quel mentre che noi scrivevamo le doute relazioni (le quali si vedono etc.). Per quattro giorni continuamente si tennero le conferenze. Indi dal medesimo principe mi furono dati gli ordini e le istruzioni, con quattro mila ungari per il bisogno del mio viaggio. Licenziandomi infine da sua altezza, ella mi disse: «Avete già fatto assai a prò dell’augustissimo nostro padrone; or dovete fare anche il resto ». Ma vedendomi alquanto mesto