146 del Bellini ; a quelle forme semplici e schiette, ch’or chiamano viete e convenzionali; alle forme del passato, che si senton nel cuore, in confronto di quelle dell’avvenire, che nessuno comprende. La .novità è riuscita. I Caputeti e Mon-tecchi, che si diedero sabato, ci tornarono innanzi in tutta la freschezza della loro primitiva apparizione, poiché il vero bello mai-non perde nè invecchia ; e destarono quel vivo piacere, eh’ altri pruova in rivedendo una persona amata, da cui sia stato lungamente diviso. Tutto contribuisce in questo sommo capolavoro a renderne possente 1’ effetto ; il soggetto altamente pietoso e toccante, la bella poesia del Romani, la patetica nota, quella corda della passione e del dolore, toccata con si eloquente espression dal Bellini, e che domina tutta 1’ azione. Il duetto fra Giulietta e Romeo, la romanza di essa, quel grido disperato, che 1’ ambascia della separazione strappa da quelle anime innamorate nel duetto del gran finale ; il funerale, che con nuovo ardimento il maestro arrischiò sulla scena ; la scena dei sepolcri, son tratti d’ ineffabil bellezza, dove la musica drammatica, senza le straniere astru-