12 ballare ben duemila settecento persone ! Questo si chiama godere. I balli della Società filodrammatica Do-nizetti, ridenti di gioventù ; quelli dell’ Apollinea, centro dell’ eleganza, della ricchezza, delle beltà del paese e di non so quante Provincie all’ intorno ; altri egualmente fioriti, ma a più breve cerchio ristretti, dieder la inano all’ultimo, al più colossale, al ballo in titolo, il gran Veglione della Fenice. Il Veglione è sempre uno spettacolo sorprendente : quel teatro per sè già luminoso e splendente di fregi, ch’arde di mille e mille insolite cere; le logge, che sfavillano delle gale più squisite e più fulgide ; quella seconda platea che sorge improvvisa sull’ altra platea e addoppia Io spazio ; quel mare di gente col volto nascosto, ovvero più o meno acoperto, che non capendo nel doppio ricinto si riversa e diffonde ne’ cor-ritoi, danno al luogo qualche cosa di magico, qualche cosa che appartiene più a’ regni delle fate, o, vogliam dire della fantasia, che alle cose reali. K se tale è tutti gli anni, in questo il numero perfezionò la specie, poiché si contarono non meno, cosa inudita ! di 4500 biglietti. In quel mondo a parte, in quel mondo