230 che filone nascosto, in una California qualunque, o voluto dar passo alle sue idee da gran signore. Il fatto è che quando s’ alza, al se-cond’ atto, la tela e si vede tutta quella gente, quello sfoggio, quella pompa immensa, 1’ occhio ne riman sopraffatto. Il buon gusto e la convenienza delle fogge contrastano il vanto allo splendore ; e questa è tutta lode del sig. de Automi, il costumiere, come in francese lo chiamano, del teatro, al cui fecondo pensiero soltanto elle si debbono. Abbiarn cominciato dalla parte, che per ordinario si lascia ultima, per variare un po’ il costume ed anche per porre nella lor debita luce le cose ; poiché l’accessorio qui toglie merito al principale. Di questo si potrebbe senza ingiustizia tacere : sarebbe anzi, credo, opera meritoria. L’Alberimi è, senza contrasto, una grande cantante; tale si mostrò nel primo, e tale apparve nel secondo spartito. Ella cantò maravigliosamente la sua cavatina ; maravigliosamente, la terza sera, anche il duetto finale ; e qui, e nel terzetto che lo precede, accompagnò il canto coll’ azione più viva e conveniente. Il Ferri disse ei pure con ogni finitezza di modi e soavità d’ espressione la