301 1’ adagio del finale, il maestro dovette, a furia di voci e di mani, mostrarsi non so quante volte. L’ atto secondo non ebbe eguale fortuna. -L’ aria del tenore, in cui, per le malvage insinuazioni di Paolo, Gabriele, che non conosce ancora il secreto del vincolo che stringe il doge ad Amelia, concepisce contro lei sospetti e gelosie; e il duetto eh’ indi tra’ due, Amelia e Gabriele, ne segue, passarono piuttosto fred-dini. Non ci si nota grande sfoggio d’immaginazione, benché nella prima assai si lodasse la burrascosa agitazion dell’ orchestra, che così bene risponde all’ interna agitazione del personaggio ed alla parola. A questo luogo cade il terzetto, uno de’ pezzi più condotti e finiti dell’ opera, a detta di tutti gl’ intelligenti. Il doge, la mente oppressa, stanche le membra, come dice il libretto, è vinto dal sonno., E’ sogna d’Amelia, e come la sua mente, la musica, con filosofico pensiero, richiama l’immagine della figlia con la melodia del duetto, in cui egli la riconobbe. Quand’ egli si desta, si trova a fronte della figlia, che arresta il braccio di Gabriele, il quale volea trucidarlo. Gli esce allora dal labbro il secreto;