256 è sempre la Fenice, co’ suoi grandi elementi, e giunge poi sera eh’ ella si rileva e si estolle. Tal sera fu appunto quella di martedì : il Polmto ristorò le sorti del nostro spettacolo. C’ era bisogno, urgenza di qualche cosa, se non di nuovo, almen di diverso. Quel povero Trovatore aveva tante volte accordata la lira, aveva tanto corso la campagna, che l’infelice non ne poteva più, e peggio ancora gli spettatori. Contro 1’ ordine naturai delle cose, s’era creduto eh’ ei fosse eterno, ed e’ per l’opposito a chiare note mostrò che tutto passa e si sfiora quaggiù, per fin la musica del Verdi, massime quand’ ella s’usa ed abusa. Era tempo di mutar corda e più soavemente non poteva ella mutarsi. Il Poliuto è un sovrano capolavoro, ricco di quelle schiette e pure melodie, che la immaginosa fantasia del Donizetti sapeva creare, ricco del più grandioso e magistrale artifizio. L’apera, benché tardi conosciuta, fu più d’una volta prodotta ; ma le sue bellezze sono si vere, che intatta ne rimane tuttora la loro freschezza, e noi ci trovammo le primitive impressioni. La novità è nel diletto. L’ atto primo scade, a dir vero, in confronto degli altri due;