320 cede la peripezia. Tale, o m’inganno, è il vizio radicale dell’ azione ; e per questo, pel difetto generale d’interesse, sembrano relativamente lunghe alcune- scene. L’opera, per lo contrario, ha copia di parziali bellezze : la scena, in cui, con si veri e vivi e piccanti colori, è rappresentata la nullità e l’intellettuale miseria d’ un crocchio aristocratico, nella veglia di casa Lanfrauchi ; l’altra nella bottega del libraio Agnelli, in cui si fanno parlare il Parini, il Verri e il Baretti, trattando i più alti soggetti, con sapienza e parole degne della lor mente, un po’ forse fuor del soggetto, ma che indirettamente ad esso si riferiscono : questi son tali tratti, che chi gl’ ideava e sapeva in quella guisa condurli non è certo un ingegno comune. I pregi di queste due scene, come le si-migliauti del prologo, ce ne fanno perdonar altre, in cui il dialogo non è cosi proprio ed acconcio : le discussioni, per esempio, troppo intime tra Lena e quell’ antipatico e maligno personaggio della Giovanna, reso anche più antipatico dalle maniere sgarbate e sprezzanti dell’ attrice ; la scena, in cui il Gambarelli, a staccare da sè la sua fanciulla, e condurla alle