340 oziosi e nulla dicevan di dentro ; poiché, quau-d’uno ci ha posto il piede, ben sa perchè è venuto e dove si trova. Le muse, i genii, le cetre, quegli eterni cigni, così difficili a sceverarsi sulle pareti da un altro augello a loro assai somigliante, ma non sì armonioso, han fatto la loro stagione ; or ci voleva qualche cosa di men solito e trito, ricreare, dilettare la vista più che erudire o confondere lo spettatore cogl’indovinelli dell’arte. Come l’abito alla persona, e così 1’ ornamento e l’addobbo dee rispondere alla condizione de’ luoghi. Il teatro è sito di ricreazione e diletto, e di necessità si conviene che sia lieto nella vista e ridente per essere accomodato al suo fine. Ben è vero che allo sterminato consumo, eh’ ora ci si fa di veleni e pugnali, alle lugubri istorie, che s’inventano o si richiamano per nostra edificazione a memoria, il riso n’ è affatto sbandito, e vi si respira non so qual aura di tristezza e di pianto, sì che ad esso più converrebbe la grave solennità dei sepolcri e le funebri gramaglie, che non le allegre corone ; ma fin che la musica e la poesia non mutino tempre, l’arte eh’ orna ed abbella mantenga almen ella i suoi dritti. Il Japelli ebbe appunto questo intéu-