xxxiy. 211 Reminiscenze del Carnovale (*). Il lieto tempo è finito, il rumor delle feste è cessato. La campana delte mezzanotte di martedì col grave e lugubre suo metro sonò sul pazzo tripudio, intronizzò la quaresima, e il povero carnovale, come già l’infelice regnante deposto, alla squilla annunziatrice del suo successore, a quel suono d’improvviso spirò. Il carnovale è morto! Yiva il carnovale! Il suo regno fu lungo, fu quest’ anno oltremodo giulivo; il cielo gli arrise con favore costante, gli mandò ad avvivarlo anticipati i miti tepori dell’ aura d’aprile, ed egli agitò per tempo i sonagli dell’ allegro suo scettro, onde sino dalla terz’ultima domenica la Piazza e la Riva tumultuavano del moto festoso degli ultimi giorni. La strada di ferro, come benefico torrente, recava ogni giorno ingente tributo a quel gran mare di popolo, e Venezia mai non si vide più ridente ed altera specchiarsi nelle sue acque. I*) Gazzetta del 2 marzo 1848.