315 semplice forse. Gentile signore di Fermo, ingiustamente assalito dal Malatesta, signore di Rimini, che vuole usurpargli il dominio, è da costui vinto in battaglia, e perde lo Stato; ma indi a poco il ricupera, mediante i buoni uffìzii d’un solitario, già cavaliere di Rodi, il quale aduna in suo soccorso i montanari, fra’quali egli vive. L'esercito ausiliario giunge in Fermo sì di cheto e inopinato, che non pure non .ne ha alcun sentore il tiranno, ma non se ne accorgono nè meno gli spettatori, che veggono cadere il palazzo in capo al Malatesta e a tutta la brigata, eh’ egl’ invita a un festino, senza che apparentemente ne risultino le cagioni. La casa ruina, e gli assalitori vengono dopo. L’azione è all’infinito variata da continui militari esercizii. Si passano da prima in rassegna le ordinanze di Fermo, entrano quindi in parata le schiere di Rimini; sfilano i soldati nel campo, sfila la banda musical ne’festini, sfilano, come in processione con in mano le torcie, almeno alla prima rappresentazione, le genti al ballo invitate; ella è una mostra perpetua. Però non manca qualche episodio toccante. L’ usurpatore, che, come tutti gli usurpatori de’ balli, è della più accensibil natura,