251 pavano il luogo. Il Rossini Don è mago per uulla, e non so chi recitando p. e. il Manzoni s’avvisasse di correggerlo, sostituendo alle sue altre parole; mi pare che ne’due casi sia egual la licenza. Temete che la musica sia fatta troppo vulgare e non venga più a dire; ch’el-l’abbia perduto, con la soverchia popolarità, del suo pregio? E voi lasciatela ; ma quando la promettete, datela intera. Per questo il duetto terminò un po’ freddamente, benché la Kar-ier mostrasse nell’ azione e nella controscena un brio, una graziosa vivacità, una disinvoltura, che non si sarebbe invero sperata in chi montava per la prima volta quel palco, e per la prima volta si trovava a faccia a faccia col pubblico. Qui pure non mancaron gli applausi e pieni e fragorosi. Nella scena del pianoforte ella cantò l’aria famosa della Niobe del Paci-ili: nessun’altra poteva meglio mettere in luce la facile agilità della sua voce; quelle ardite modulazioni furono colte con ogni sicureiza e precisione; solo mancava un po’la forza, la forza che dà al canto s\ buon aiuto e spesso fa chiudere gli occhi, anzi gli orecchi, a maggiori difetti. La forza anche in teatro conquide. Ci parve appunto che la gentile cantante si collo-