Vili PREMESSA zione subordinata dei precetti teorici e pratici dell’opera di bonifica. Il Cornaro era un pioniere della bonifica, per un interesse personale, allo scopo di liberare le proprie terre dalle acque e allo scopo di aumentare e dare incremento al reddito agricolo; ma fu anche assertore della bonifica nell' interesse della collettività e nell’ interesse dello Stato, guidato da una alta visione politica, allo scopo di aumentare la produzione interna, di ridurre l’importazione dall’estero, e di assicurare l’indipendenza economica dello Stato, specie nel campo agricolo e alimentare, come presupposto di efficace difesa militare. Sotto il dominio prepotente di questo ideale nella mente del Cornaro il problema lagunare, illustrato nel trattato seguendo una concezione antitetica a quelle del Sabbadino, assumeva una fisionomia, se non di minore importanza, certo meno preponderante. Tre erano, secondo il pensiero espresso nel Discorso del 1541 (l), le principali condizioni, che potevano assicurar alla città lunga durata, la salubrità dell’ aria, il luogo forte, le condizioni favorevoli di vita del popolo, non facili a conciliarsi, perchè in un modo 0 nell’altro subordinate al mantenimento deH’equilibrio lagunare, con il quale spesso potevano entrare in conflitto, secondo il pensiero dei teorici veneziani. Ma il Cornaro in questa prima scrittura, dettata evidentemente con intenzione sottintesa, evita studiatamente di metter in troppo rilievo le necessità della laguna, pur riconoscendo la convenienza di ingrandirla ; insiste sopra i bisogni e accentua le necessità della città, prodotte dal progressivo aumento dell’ aggregato urbano il cui rifornimento, per i generi primi di alimento, dipendeva dall’estero. Mentre aumentava la popolazione, e conseguentemente aumentava il consumo, da 30.000 staia di frumento al mese a 45.000, in ragione di un terzo di più, non solo non era aumentata la disponibilità, pur sommando la produzione interna ed estera, ma anzi l’importazione era diminuita per sensibile riduzione di terre coltivate a grano, per restrizione della bandiera nazionale, per progressivo aumento dei noli. Eppure bisognava riconoscere, a suo avviso, che il problema centrale, che occorreva affrontare e risolvere, era proprio quello della produzione granaria, per assicurare entro 1 confini dello Stato il fabbisogno annuo deH’alimento primo, per liberare lo Stato dalla dipendenza straniera, per garantire la sua indipendenza nel caso di guerra, ed infine per esonerare la nazione da un grosso tributo verso l’estero, che assorbiva una considerevole somma di danaro. Ma come sfuggire a questa servitù e come ottenere la garanzia e la sicurezza che la produzione interna si avvicinasse e magari raggiungesse i limiti minimi di fabbisogno del consumo, se si doveva constatare che anche il Polesine, pur dotato di nuovi terreni di bonifica, era ridotto a render l’ordinario? Egli faceva calcolo sopra eventuali aumenti, che si potevano trarre da miglioramenti tecnici da introdurre nella lavorazione agraria. Questa prospettiva però non lo lusingava troppo. Invece l’esperienza personale degli ultimi anni dava un insegnamento più utile ed era guida sicura per l’adozione di criteri e metodi più redditizi e più vantaggiosi, ove fossero applicati sopra larga scala. Egli in sostanza propugnava di generalizzare i risultati ottenuti nell’azienda sua e dei vicini, e ravvisava miglior profitto nell’allargamento delle opere di bonifica, secondo un programma sistematicamente elaborato, sopra il quale non si potevano sollevare riserve per quanto concerneva le paludi della (i) Il Discorso porta la data 1540, ma questa va riferita ai primi mesi del 1541 secondo il calcolo del more veneto, perchè nella scrittura si legge: « essendo mille cento e vinti, e più anni, che la fu edificata », dal 421, l’anno tradizionale, al quale si fa risalire la fondazione della città. Il Mozzi (I Magistrati veneti alle acque ed alle bonifiche, Bologna, 1927, p. 18) ha errato nell’interpretazione cronologica e di materia.