XII PREMESSA Le idee, sopra le quali questo fu costruito, non erano molte, nè dal momento del loro primo abbozzo fino alla stesura di quel Trattato (1), che egli offrì al Magistrato delle acque come un capitolare, e fino alla composizione della scrittura dettata a 96 anni nel 1566 (2) poco prima di morire, le accrebbe di molto, anche se le abbellì con qualche maggior lenocinio letterario. Quando si legga il primo abbozzo presentato nelle ben note circostanze del 1541, ed ancora la rielaborazione più sistematica di pochi mesi dopo, si possono già cogliere le idee madri, dalle quali è poi nato il Trattato, e che sono a profusione ripetute nelle relazioni, che volgarizzano, accanto al concetto della restaurazione della laguna, quelli più profittevoli dell’opera di bonifica. Di questa può ben dirsi l'apostolo, non solo per il contributo tecnico recato alla soluzione del problema con metodica pazienza e tenacia, ma anche per attività politica svolta ai margini dei Magistrati e dei Consigli veneziani, assistendo gli uni, anche in tarda età, nei loro sopraluoghi, e stimolando gli altri ad accettare risolutamente talune direttive, che egli si vanta di aver additato. Il piano, formulato nel 1541 e rimasto inattuato, manteneva e riproponeva nel 1556 (3): ma non è vero che per sua iniziativa ed eccitamento nel 1545 il Senato istituisse il Magistrato dei Beni inculti (4). I Provveditori eletti in quell'anno ebbero breve durata, non più di due anni ; poi non se ne parlò più, nè frattanto si parlò di bonifiche, oltre quelle già progettate prima dell’intervento del Cornaro. Il lungo promemoria da lui presentato al Collegio il 28 settembre 1556(5) forse fu l’inizio di un nuovo movimento in favore delle bonifiche: e lo fu, non perchè il problema fosse prospettato in forme molto diverse da quelle descritte nelle relazioni del 1541, ma perchè assai mutato, dopo le aspre polemiche con il Sabbadino, era lo spirito dei tempi. Con la passione del vecchio gioiva intorno alle sue creature, l’una letteraria, l’altra politica, sebbene continuasse a restar al bando della vita pubblica, con soddisfazione maggiore dei conforti famigliari, forse negli ultimi anni delusori delle sue speranze. La Vita Sobria, nella quale aveva consacrato il segreto della sua felicità, affidandolo ad una espressione letteraria piuttosto dubbia, doveva assicurare fama e popolarità al suo nome, anche se i consigli erano spesso ingenui o poco accetti all’apprezzamento dei contemporanei. Il Magistrato sopra Beni inculti, nato per sua ispirazione, operava sotto la sua protezione ; così almeno egli si illudeva, seguendolo con l’affetto paterno, con il quale l’aveva auspicato, per la risoluzione del grande problema, che doveva redimere la vita dello Stato e assicurare una incomparabile ricchezza. Anche questa era una chimera, che per il momento poteva essere accoppiata alle molte altre, intorno alle quali aveva fantasticato. Dopo tanto battagliare egli era convinto che il problema della bonifica, sopratutto per suo merito, fosse, se non risolto, avviato alla risoluzione, perchè era stato creato un Magistrato, al quale era deferito tale compito: e tale convinzione lo rendeva felice, anche se in pratica l’attuazione doveva essere proseguita secondo un programma e secondo una direttiva ben diversa da quella da lui ideata. R. Cessi (1) Vedi sopra voi. II, p. i, pag. 135. (2) Codice Marciano, it. IV, 172. In questo volume, pag. 60 sgg. (3) Arch. Stato, Venezia, Savi ed Esecutori alle acque, f. 299. Vedi in questo volume pag. 37 sgg. (4) Mozzi, op. cit., p. 17 sgg. (5) Savi ed Esecutori alle acque, f. 299. Vedi in questo volume pag. 37 sgg.