Libro Settimo I 393 reffimovolontieri fermarci ne gli atti di Religione, per non intricarci ne gli effetti dell'Ambitione, che, nel tren-tatre, hebbero à fconcertare lo flato pacifico della Città, che, iè non era la prudenza del Principe, rinouaua le antiche fcene tra’Nobili, e Popolari. L’oratione, che fece Menna alla plebe di Roma contro i Patriti j folleuata, f u, che le membra del corpo non deuono fare da capotando con l’iftefso capo non voglion perire. E vero, cho la mano può pretendere di non fèruire, fomminiftrando cibo alla bocca, ma fe non fèrue, per mancanza di vigore, che nafcedal cibo, ella pure s’illanguidifce. La vgua-glianzaèbuona, ma con proportione Aritmetica, ouei numeri Hanno affieme, però fanno diuerfa figura, e ftan-no in fito ben differente. Se gli Zeri volelfero precedere il numero, ò ilare nel luogo fteffo, quando mai fi conterebbero le partite? Anche Dio, che fece le opere fuo perfette, volle,che fi conferuafiè l’ordine inuariab.ile nelle create foftanze. Vn Primo Mobile (qual farebbe il Principe nel gouerno ) regge il tutto, e al ilio moto fi aggiran le sfere, tutto che il loro naturala iftinto le guidi à contrario cammino. A que’fourani Circoli, che fra di loro fi cedon la precedenza gli Elementi foggiacciono ; nè la-. Terra fi lagna di effere l’vltima, e condannata alla fatica^, ladoue i Cieli non fi degnano, che di mandare influenze. Se quella voleffe formontare, e con Topinion falfa di Copernico pretendere muouerfi, e diuen ir Cielo de’Cieli, quali difordini non fi vedrebbero nell’Vniueriò?Le Creature ftanno ne’loro alberghi; i Pelei dentro le acque, i Quadrupedi nelle campagne, e nell’aria gli Augelli, che come più nobili ponno pofare co’l piè sù Tonde, efopra-, F fi del