294 Della Hiftoria di Corfù. altri à ritirarli più che difretta, confufi dell’infelice fuc-cello de’lor compagni. Non contenti di quanto in propria difefa fatto haueano i Cimerioti,fi determinarono asfaltare i Turchi ne’ loro ileccati, e vccidere, fe loro venia fatto, dentro il fuo padiglione, efrale fue guardie il me-defimoSolimano. E chi può negare, c’habbia pur \du Grecia i Muti j, iè non le mancano gl’inuafori Poriénni ? Damianno, vn de’ capitani del Cimmerio dominio, fi of-ferièa’compagni diipiarelo flato dell’eièrcito Turche-ico, e il lìtOjOue il gran Signore poiana ; acciò poi meglio potettero tutti aifieme dar dentro, e condurre à fine il lo. io glorioiò difegno. La notte dunque di S.Giacomoa’ 25 di Luglio nel i 5 3 7 partito da' fuoi Damiano, pretto il padiglione di Solimano (òtto di vn albero fi poiè à federe, appettando, che l’alba gli daife qualche lume alla grande impreia con difcuoprire chiaramente gli oggetti . Era ella vicina, quando AiasBafsà, che fi aggiraua per faccende del campo, aH’improuiio vicino à Damiano có-parue ; e pien di foipetto pe’i luogo, e per l’hora, al Cim-merioto richieiè la cauia di fu a di mora in quel fito, e in, quel tempo poco opportuno. Non fi fmarrì Taftuto, e francamente riipoic, ch’ettendo egli Carachiar del gran, . Signore ( cioè vaflallo dei Turco) era venuto per pagar le coltejecheiòpragiunto dalla notte, contro vogliafua,, fotto quell’albero addormentandofi, fino à quafi giorno non s’era fuegliato. Si potea dar vanto di fomma accortezza Damiano, fe non hauette hauuto che fare con vno più di lui accorto, il quale, fattolo prigioniero, fra’ tormenti gli tè confettare la verità, edoppo la confett'iono condannollo à crudeliilìma morte. Cosi fieitinlè quella vita,